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Temi: La Spiritualità Ignaziana







venerdì 10 settembre 2010

A Palermo - S. GIORDANO ... sapiente ascoltatore

… sapiente ascoltatore, capace di scelte coraggiose

Quando il cuore del padre Giuseppe Ardiri S.J. cessò, tutto ad un tratto, di battere, la notizia della sua dipartita da questo mondo non colse di sorpresa chi lo aveva conosciuto, amato e seguito. Conoscevamo tutti come da tempo fosse sofferente perché gravemente ammalato, e sapevamo con quale spirito di umana rassegnazione e cristiana spiritualità avesse affrontato l’ultima, forse la più terribile, delle battaglie umane.
Purtuttavia, un’epoca della mia esistenza – seppur accantonata da tempo, a causa dei miei studi a Milano e del suo successivo spostamento nella sua città natale, Messina – veniva a concludersi ed i polverosi cassetti della mia mente che ne contenevano il ricordo, quasi contemporaneamente, cominciavano a dischiudersi, quasi a volermi donare nuove emozioni, nascenti dalle rimembranze di quelle antiche insieme con lui vissute.
Il padre Ardiri, a me e alla maggior parte dei miei compagni di scuola, allora ginnasiali, appariva più come una mistica presenza che non un reale interlocutore quando lo si vedeva passeggiare nei corridoi del Grande Edificio, dove si trovava il suo ufficio di Assistente Spirituale, nel quale, con serafica freschezza, dialogava coi più grandi di noi, cogli ex-alunni, e con molti dei docenti e dei genitori.
Il suo incontrastabile carisma trasudava ineludibilmente dai piccoli occhi vividi e sorridenti di placida sensibilità, solo in parte nascosti dalla imponente montatura che serviva a contenere le spesse lenti da vista che ne acuivano l’impronta di intellettuale mistico.
Tutti, anche coloro che non lo conoscevano bene, percepivano tuttavia l’alto rigore morale, la profonda spiritualità che si nascondevano dentro a quella piccola sagoma di uomo che profondeva affettuosi sorrisi a chiunque incontrasse, senza indulgere a protagonismi e mondanità, e pur nondimeno rivelandosi attento osservatore e sapiente ascoltatore di qualunque interlocutore.
Una percezione questa, che trovava conferma nelle parole dei più grandi e di quei genitori che ebbero la fortuna di intraprendere con lui cammini di alta spiritualità, e che ebbero a ricavarne benefici spirituali ma anche psicologici di non lieve momento, soprattutto attraverso la pratica degli esercizi spirituali ignaziani nella vita corrente, con i quali il padre Ardiri metteva a beneficio di professionisti studenti e lavoratori il metodo degli esercizi di Sant’Ignazio di Loyola, rendendoli compatibili con i ritmi quotidiani della vita ordinaria.
Quell’uomo di straordinaria spiritualità che incuteva in noi tutti (anche quelli che meno possedevano il sentimento religioso) un qualche timor reverentialis non esaurì la sua tensione psichica nella sua opera di addestramento spirituale, ma operò con la forza che solo un uomo di Dio può avere nella direzione dell’Istituto Gonzaga, compito che molti non esitarono a definire improbo per lui, avvezzo alla lettura e interpretazione di testi sacri, ma certamente inadatto, per i più, a reggere le sorti di un ente complesso come quello, con le sue cartacce, i suoi conti le sue burocrazie, nonché le dinamiche – talvolta non particolarmente serene - della classe docente.
Non è questa la sede per fare un bilancio, neanche approssimativo del rettorato del padre Ardiri, che sostituì il padre Pandolfo nei primi anni del mio Liceo. Certo è che quell’uomo minuto si rivelò un uomo ancora più forte, capace di scelte coraggiose, di epurazioni non facili; cambiò la Presidenza del Liceo Classico; incoraggiò le migliori forze presenti nell’ambito degli studenti; reintrodusse la dimenticata regola della meritocrazia, partecipò e stimolò le fervide attività promosse dall’associazione ex-alunni del Gonzaga.
Per quanto mi riguarda personalmente incoraggiò la mia propensione per gli studi classici e fu valido consigliere di scelte non facili, anche dopo il termine dei miei studi.
Certo del suo affetto e della sua stima non comuni andai a salutarlo alla mia partenza per Milano, dove andavo a risiedere all’Augustinianum, il collegio dell’Università Cattolica fondato da padre Agostino Gemelli, da cui prendeva il  nome. “Vai dagli Agostiniani”, mi disse; stavo per rispondere alla sua battuta replicando che, una volta tanto, aveva sbagliato, ingannato dall’omonimia, ma mi trattenni.
E in un impeto d’affetto lo abbracciai ancora più forte; e quell’abbraccio, intriso di significazioni varie e profonde, mi lega ancora a lui, oltre la morte.

Stefano Giordano

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