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Membri della CVX - Palermo







Temi: La Spiritualità Ignaziana







domenica 12 settembre 2010

A Palermo - M. A. MACALUSO A.S.M. ... gesuita tutto ignaziano

… un gesuita tutto ignaziano



Scrivere di un sacerdote che per un decennio è stato “mediazione” del Signore per il proprio cammino di fede non è generalmente un’impresa facile, anche perché difficilmente si può astrarre il contenuto dall’esperienza vissuta e compresa nella “relazione d’aiuto” e nella relazione specifica che è quella degli Esercizi Spirituali.
Spero, pertanto, anche con l’aiuto dal cielo dello stesso p. Ardiri, di poter tracciare alcune note che, dal mio punto di vista, possano esprimere alcuni tratti del suo stile abituale di “essere con e per gli altri” nel cammino verso una più consapevole adesione e sincera sequela del Signore.
Io ho conosciuto p. Ardiri a Palermo verso la fine del 1985 perchè, avendo saputo che egli aveva avviato a Palermo l’esperienza degli Esercizi spirituali nella vita corrente, cammino che io da tempo desideravo intraprendere, mi sono rivolta a lui per chiedergli di poter iniziare questo itinerario.
Egli anzitutto mi chiese quale fosse la motivazione che mi muoveva nel desiderare l’esperienza degli EE.SS. nella vita corrente, poi esplicitò alcune linee essenziali dell’itinerario e, quindi, si rese disponibile proponendomi, però, anzitutto un tempo di “preghiera guidata” per una reciproca iniziale conoscenza.
Io ritenni tale propedeuticità assai opportuna d’ambo le parti e così, dopo alcuni incontri, il Padre mi propose di iniziare il cammino proprio degli EE.SS., cammino che era possibile intraprendere o in gruppo o individualmente. Io optai per l’itinerario guidato individualmente.
Dopo i due anni previsti per l’itinerario degli EE.SS. il padre mi propose un cammino di approfondimento in gruppo, attraverso incontri quindicinali da lui condotti.
Così l’esperienza della guida del p. Ardiri, con modalità differenti, l’ho vissuta fino alla fine del 1997.
Questa premessa l’ho ritenuta opportuna per contestualizzare la mia conoscenza del padre, prima di esprimere delle note su quello che sono riuscita a cogliere, a ricordare, a teorizzare dell’esperienza vissuta.
Nel fare memoria sono emersi in me tanti vissuti, insegnamenti, ricordi, aneddotti che mi pare possano essere riconducibili a tre aspetti sui quali, da testimone, desidero esprimere qualche nota:
- lo stile umano – spirituale del p. Ardiri;
- l’amore per il cammino degli EE.SS. e la pedagogia ignaziana;
- la progettualità moltiplicatrice.
1° - Lo stile umano – spirituale del p. Ardiri
Ritengo che davvero chi, per grazia e in modo consapevole, vive in Cristo è una persona che, sia pure con tutti i suoi limiti e le sue fragilità, diffonde una qualità della vita umana tale da irradiare sprazzi della luce di Dio. In tal senso parlo di stile umano-spirituale.
Nell’incontro con p. Ardiri si coglieva, con facilità, un’umanità unificata in Dio;
un uomo sereno, semplice, pacificato, mite, umile, disponibile, ma nel rispetto “ordinato” del tempo proprio e altrui (cf. EE.SS. n.21), attento e non giudicante nell’ascolto, propenso a dare fiducia e a confermare nel bene, ma non accomodante; sollecito verso i bisogni degli altri, soprattutto dei più poveri e indifesi, pronto ad aiutare concretamente e a coinvolgere altri per un aiuto più idoneo.
Questo suo modo d’essere facilitava l’incontro, la relazione, la comunicazione;
favoriva lo sciogliersi di resistenze interiori ed esteriori, incoraggiava a camminare, con più verità e libertà, nella sequela del Signore.
2° - L’amore per il cammino degli EE.SS. e la pedagogia ignaziana
In p. Ardiri si coglieva immediatamente e, man mano, sempre più fortemente,
l’intimo vincolo che sentiva e nutriva con S. Ignazio, suo Padre Fondatore, e con il
cammino spirituale da lui tracciato attraverso l’itinerario e il metodo degli EE.SS.
Avviava, con pazienza, le persone che accompagnava nel cammino, alla conoscenza di sant’Ignazio per favorire la comprensione di un’esperienza spirituale vissuta prima che sviluppata nel libretto degli Esercizi.
Alla sensibilità di qualcuno questo poteva inizialmente sembrare eccessivo, ma alla fine si finiva con il constatare la ricchezza di una pedagogia contestualizzata e inculturata che apriva ad un’assimilazione più esistenziale.
P. Ardiri per accompagnare altri nel cammino degli EE.SS. si serviva di schede
per la preghiera che erano state redatte da un suo confratello e di altre preparate da lui stesso.
Le schede, oltre ad offrire specifici riferimenti biblici e indicazioni relativi al libro degli EE.SS., erano articolate in modo da favorire chiarezza sullo scopo al quale tendere e sulla grazia da chiedere per quel tempo; attenzione al vissuto in relazione al contenuto della preghiera proposta e verifica dei “frutti” maturati.
In tale itinerario, tracciato da puntuali criteri di discernimento, la persona avvertiva d’essere, in modo sempre più consapevole e coinvolgente, ma con un procedere non di continuo lineare, interpellata a ordinare, unificare e integrare nel suo vivere l’essere del Signore e con il Signore, per collaborare con Lui nella costruzione del suo Regno.
Nel farsi compagno del cammino, quasi mai senza difficoltà, p. Ardiri riusciva a saper contemperare fermezza e dolcezza, comprensione e incoraggiamento, verità e
carità, e sempre con fiducia e speranza.
3° - La progettualità moltiplicatrice
Ritengo che una nota caratterizzante le scelte operative del p. Ardiri sia stata quella di progettare la formazione di “agenti moltiplicatori”, come lui li chiamava, e di incoraggiare altri, specialmente chi era chiamato a compiti direttivi, a fare lo stesso.
Egli sosteneva che “formare i formatori” era un’operazione moltiplicatrice e che sempre, ma in particolare in tempi di limitazione di forze, la scelta opportuna può essere non tanto di operare direttamente sul campo, ma di impegnare, nella misura
del possibile, le migliori energie, a formare altri secondo una particolare spiritualità carismatica e così far nascere “agenti moltiplicatori”, idoneamente preparati.
Nel concludere queste note, ringrazio ancora una volta il Signore per il dono che è stato p. Ardiri, anche per la mia vita, ringrazio di cuore lui per tutto quello, ed è tanto, che del Signore mi ha trasmesso e donato e ringrazio chi, con amorevole insistenza mi ha “spinta” a scrivere queste pagine e, quindi, a fare memoria e a rendere grazie.

M. Aurelia Macaluso A.S.M.

A Palermo - A. CUVA ... guida sempre presente degli ex alunni

… guida sempre presente

“Non multa sed multum”. Partire da questa pregnante espressione, centrale nella spiritualità ignaziana, può forse aiutarci nell’ardua impresa di descrivere in poche righe l’importanza che la figura del padre Ardiri ha avuto e continua ad avere per l’Associazione Ex Alunni palermitana.
Diciamo questo per due profili fondamentali e strettamente connessi: il primo attinente alla formazione interiore di molti ex alunni, il secondo alla spinta propulsiva che, alla luce di tale profondo principio, è stata data all’azione della nostra Associazione ex alunni.
Per quanto attiene al primo aspetto, dobbiamo rilevare che nel suo ruolo di Rettore e di Assistente degli ex alunni padre Ardiri è riuscito ad avviare un percorso di avvicinamento culturale ed interiore ai valori ignaziani che ha coinvolto, anche, buona parte del nucleo direttivo dell’Associazione; in tale ambito si deve ricordare il suo rilevante – e gravoso – impegno di guida negli Esercizi Spirituali nella vita corrente che ha lasciato un segno indelebile in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di parteciparvi. Tale importante percorso ha consentito agli ex alunni impegnati nell’Associazione di migliorare le proprie capacità di “discernimento” e di dare contenuto e concretezza a quella “presenza per servire”, a quell’essere “uomini per gli altri” che costituiscono l’anima, la cultura vitale delle Associazioni ex alunni della Compagnia di Gesù. La spinta verso la interiorità del sentire, la scelta della qualità a scapito della quantità hanno avuto, evidentemente, una diretta refluenza sulle attività della nostra Associazione.
Passiamo così al secondo profilo che caratterizza il fondamentale contributo dato da padre Ardiri sul piano concreto della realizzazione delle iniziative programmate
dall’Associazione.
La gran parte degli eventi che l’Associazione ha organizzato da quando ha beneficiato dell’assistenza del padre Ardiri non si sarebbero realizzati se lui non ci avesse fortemente motivato dicendoci di non scoraggiarci - come spesso è accaduto per il fatto di “essere pochi” (circostanza, questa, che caratterizza molte realtà associative). Costantemente ci ricordava che è più produttivo ed efficace un piccolo gruppo di persone unite ed ispirate da comuni valori che una molteplicità di soggetti privi di una medesima identità. Ciò ci dava forza e ci consentiva di andare avanti nonostante le tante difficoltà.
Così padre Ardiri ha svolto una funzione di moltiplicatore di energie che ha portato l’Associazione a realizzare eventi di grande livello e di notevole impegno organizzativo: tra questi riteniamo opportuno ricordare, a titolo esemplificativo, il
Convegno Nazionale su “Droga e prevenzione: oltre l’emergenza” (1988), che ha visto la partecipazione dei maggiori esperti italiani in materia di tossicodipendenze ed il XVI Congresso Europeo degli Ex Alunni della Compagnia di Gesù sul tema
“Europa: pluralismo di culture e valori universali. Una sfida per il 1992” (1989), al quale è intervenuto il Padre Generale Peter-Hans Kolvenbach.
Tutto ciò si è potuto realizzare grazie, anche, alla sua totale disponibilità ed apertura, al suo venirci sempre incontro, alla sua sorridente accoglienza, che uniti a quella speciale capacità “di sentire e gustare le cose interiormente” hanno fatto di lui una Guida sempre presente, che ha illuminato e continua ad illuminare il cammino della nostra Associazione.

Angelo Cuva

P.S. Riporto la motivazione del “Premio Gonzaga-Cei 2003” che l’Associazione Ex Alunni “Gonzaga” ha attribuito a p. Ardiri il 1 giugno del 2003:
“Sacerdote della Compagnia di Gesù…eccellente uomo per gli altri, capace di consumarsi per loro fino alla malattia, accettata con serenità e pazienza, educatore perseverante ai Valori Ignaziani testimoniati con uno stile di vita coerente, caratterizzato da relazioni autentiche curate in punta di piedi con rispetto, amore, attenzione verso le persone alle quali ha insegnato a meravigliarsi ogni giorno, dono di Dio, a farsi piccoli come bambini, a essere uomini liberi che comprendono il senso della vita a maggior gloria di Dio e che sorridendo riescono a comunicare la verità”.

A Palermo - P. CINQUEMANI ... lavoratore instancabile

…lavorava instancabilmente per il Regno, da mattina a sera

Conobbi il p. Ardiri negli anni ‘90, quando era rettore del collegio, dove io frequentavo la CVX. Probabilmente fummo presentati, ma non riesco a ricordare da chi. Credo che lui stesso m’invitò insieme a mio marito a fare l’esperienza degli EVO in un gruppo formato da persone diverse, da lui contattate. Per quattro anni ebbi modo di conoscerlo, mentre ci spiegava le schede e chiariva i nostri dubbi.
Dava gli Esercizi nella vita ordinaria senza stancarsi a tutti coloro che accettavano di imbarcarsi in quell’impresa: al personale della scuola, innanzi tutto, sia docente che amministrativo o ausiliario, convinto che tutti dovessero venire a contatto con la fonte della spiritualità ignaziana. Coinvolgeva, poi, amici e conoscenti, impegnati più o meno nella missione della Compagnia.
Lavorava instancabilmente per il Regno, da mattina a sera. C’invitava anche a visite istruttive in città, al fine di conoscere monumenti, musei, luoghi d’arte con esperti oppure a gite in luoghi e centri di spiritualità, la domenica. Fu lui ad iniziare i Convegni Ignaziani su temi centrali della spiritualità di S. Ignazio, chiamando sempre per la relazione principale gesuiti di valore, per guidarci nella riflessione.
Era una persona di grande carità e sensibilità: un giorno, essendosi accorto di una mia difficoltà, mi stette vicino, parlandomi di presenza e poi telefonandomi, finché non si accorse che il momento critico era passato. Potei constatare la sua attenzione all’altro, anche in altre circostanze.
Era sempre sorridente e di grande mitezza, senza sbalzi d’umore, sempre uguale a se stesso. Un giorno ci raccontò di essere stato derubato da un uomo, mentre tornava al Collegio di sera. Quando quello gli chiese del denaro, lui sorridendo gli confessò, in grande semplicità, di aver portato con sé solo mille lire e di non aver altro in tasca. Ci sembrò un miracolo che quello non l’avesse malmenato! Anche in
quell’occasione aveva dimostrato una grande padronanza di sé e la serenità che lo distingueva.
Aveva l’abitudine di mettersi sempre a disposizione di tutti e si faceva in quattro per soddisfare le esigenze del prossimo, per quanto poteva. Ogni tanto regalava o prestava qualche libro spirituale a chi gliene chiedeva o a chi riteneva potesse
averne giovamento; amava in modo particolare S. Francesco Saverio, di cui aveva curato l’epistolario, che non pubblicò più, dato che altri lo avevano preceduto nella pubblicazione.
Tornò a Palermo, dopo essere stato per un po’ di tempo a Messina, e si curò della CVX, accolto gioiosamente da tutti coloro che lo avevano conosciuto ed apprezzato: lo ricordo con affetto e stima per la sua parola, sempre misurata ed efficace, anche in frangenti difficili, quando veniva richiesto il suo intervento. Dava il suo apporto alla discussione, quando gli sembrava bene intervenire, sempre con discrezione.
Quando si seppe che le sue condizioni fisiche destavano preoccupazione ed era stato ricoverato in ospedale, si verificò subito un accorrere di amici che si facevano
presenti per mostrare il loro affetto: chi gli faceva compagnia, chi lo aiutava a fare una passeggiata o semplicemente gli stava accanto. Sapeva farsi amare con semplicità, grato a chi si ricordava di lui.
Trasferito infine a Messina, ricevette molte visite da parte di amici palermitani, che speravano sempre in una buona notizia di una improbabile guarigione. Negli ultimi tempi non si capiva se riuscisse a seguire i discorsi altrui o no, ma quando ci andai, avendo visto una valigia sull’armadio, gli chiesi sorridendo se si preparava a fare un viaggio e mi sentii rispondere: “Sono sempre pronto a partire”. Di questo non ho mai dubitato e molto spesso lo prego che aiuti anche noi nello stesso percorso, quando il Signore vorrà.

Pina Cinquemani

A Palermo - O. GUARINO - ... maestro e amico di compassione

…lo sguardo di chi “compatisce” con te, fino a soffrirne lui stesso

Incontrai, non per caso, il p. Giuseppe Ardiri s.j. circa trent’anni fa e, sin dal primo colloquio, ringraziai il Signore di avermi messo sul cammino questo santo sacerdote. Sì, mi colpì subito la sua accoglienza severa, ma dolce, il suo modo esigente, ma premuroso.
Con grande determinazione e massima discrezione mi fece approfondire la spiritualità ignaziana che già conoscevo, attraverso meditazioni guidate, riflessioni sulla vita di sant’Ignazio e le sue lettere, con gli EE.SS. nella vita corrente, con la partecipazione attiva a tutti i Convegni ignaziani, da lui stesso ideati… e così mi sono “innamorata” di sant’Ignazio. Incontro dopo incontro, con la sua guida ho
appreso a gustare profondamente e con gioia che cosa significasse essere “figlia del mio Creatore e Signore”.
Oggi, nel guardare la fotografia del p. Ardiri messa nel suo ricordino funebre, mi sento osservata, come quando era vivo, con grande attenzione da quello sguardo penetrante che voleva capire, comprendere con amore la tua pena, la tua gioia, il tuo dolore. Egli ti ascoltava, ti parlava, ti comunicava e ti indicava con la Parola e tramite la sua spiritualità, autenticamente ignaziana, la via per trovare e provare consolazione e così continuare il tuo cammino. Quello sguardo così attento e così “amico” mi è stato sempre di grande sostegno perché era anche lo sguardo di chi “compatisce” con te fino a soffrirne lui stesso. Dico questo perché l’ho sperimentato anni fa quando un altro dolore ha sconvolto la mia famiglia; d’altronde, anche Gesù ha pianto con le sorelle di Lazzaro, anche Gesù aveva “compassione” delle persone che soffrivano.
Quello sguardo l’ho ritrovato sempre anche durante la sua lunga malattia.
Quando andavo a trovarlo negli ultimi tempi era sempre più assente, ma prolungando la visita, ad un certo momento, quegli occhi si vivificavano, riconoscendomi e nel fondo c’era sempre quel leggero sorriso di compassione, di amore; questo fino a pochissimo tempo prima che il Signore lo chiamasse a sé per farlo godere appieno della Sua presenza.

Ornella Guarino

venerdì 10 settembre 2010

A Palermo -E. MAIORCA ...padre umoristico

… un padre pieno di spirito…umoristico (non solo di Spirito Santo)!

Ho frequentato l’Istituto Gonzaga, come alunna, per otto anni, fino alla terza media, ma ho conosciuto p. Ardiri già all’età di due anni: la mamma mi portava sempre con sé sia agli incontri di formazione sia a quelli “ricreativi” (viaggi, gite, passeggiate…), e ho avuto la possibilità di conoscerlo bene, per un tempo lungo e continuativo, nei pellegrinaggi ignaziani, nel 1986 in Spagna, nel 1988 nei luoghi ignaziani a Roma ed in Italia e nel 1989 a Parigi.
Avevo, quindi, sei anni quando andammo in Spagna e i miei genitori, preoccupati che io potessi stancarmi, si portarono dietro il mio vecchio passeggino di bimba, per ogni evenienza. Ma non ci fu alcun bisogno: mi sono ritrovata sempre “incollata”a lui ed è stato durante questo, e gli altri viaggi, che ho avuto la possibilità di apprezzare le molte virtù di p. Ardiri, ma una in particolare mi colpì subito e lo “condannò” a ritrovarmi sempre “attaccata” a lui: mi riferisco al suo umorismo, all’ironia e, spesso, all’allegria che caratterizzava le conversazioni con lui, le sue spiegazioni o osservazioni, di qualunque genere, profano come anche spirituale, artistico o riflessivo: parlare con lui non solo era gradevole, ma anche divertente; mi piaceva e mi sorprendeva questo padre “vecchierello”, fresco e allegro come un giovanotto, che arrivava, sempre e puntualmente, con le sue battute spiritose a divertirmi ed interessarmi. Non mi staccavo mai da lui e “trotterellavo” tutto il giorno - era il più svelto del gruppo - per non lasciarmi “seminare”.
Il suo spirito lo si ritrovava anche nelle omelie, nelle conversazioni spirituali o nelle descrizioni d’arte e questo “veicolava” in modo gradevole ed accattivante, per me piccina, anche pensieri pesanti o barbosi. Ricordo, ancora, con quanta compostezza e serietà io riuscii a seguire le sue spiegazioni a Manresa e con quanto coinvolgimento partecipai alla celebrazione della S. Messa, nella famosa santa cueva, la “santa grotta”. A proposito delle messe, inoltre, che lui celebrava ogni giorno e alle quali il gruppo partecipava, mi sorprendeva sempre l’imprevedibilità del luogo e dell’ora della celebrazione: ogni posto, ogni ora erano buoni, ed io mi divertivo ad indovinare quello che era impossibile: p. Ardiri ci sorprendeva sempre in tutto!

Elena Maiorca

A Palermo - S. GIORDANO ... sapiente ascoltatore

… sapiente ascoltatore, capace di scelte coraggiose

Quando il cuore del padre Giuseppe Ardiri S.J. cessò, tutto ad un tratto, di battere, la notizia della sua dipartita da questo mondo non colse di sorpresa chi lo aveva conosciuto, amato e seguito. Conoscevamo tutti come da tempo fosse sofferente perché gravemente ammalato, e sapevamo con quale spirito di umana rassegnazione e cristiana spiritualità avesse affrontato l’ultima, forse la più terribile, delle battaglie umane.
Purtuttavia, un’epoca della mia esistenza – seppur accantonata da tempo, a causa dei miei studi a Milano e del suo successivo spostamento nella sua città natale, Messina – veniva a concludersi ed i polverosi cassetti della mia mente che ne contenevano il ricordo, quasi contemporaneamente, cominciavano a dischiudersi, quasi a volermi donare nuove emozioni, nascenti dalle rimembranze di quelle antiche insieme con lui vissute.
Il padre Ardiri, a me e alla maggior parte dei miei compagni di scuola, allora ginnasiali, appariva più come una mistica presenza che non un reale interlocutore quando lo si vedeva passeggiare nei corridoi del Grande Edificio, dove si trovava il suo ufficio di Assistente Spirituale, nel quale, con serafica freschezza, dialogava coi più grandi di noi, cogli ex-alunni, e con molti dei docenti e dei genitori.
Il suo incontrastabile carisma trasudava ineludibilmente dai piccoli occhi vividi e sorridenti di placida sensibilità, solo in parte nascosti dalla imponente montatura che serviva a contenere le spesse lenti da vista che ne acuivano l’impronta di intellettuale mistico.
Tutti, anche coloro che non lo conoscevano bene, percepivano tuttavia l’alto rigore morale, la profonda spiritualità che si nascondevano dentro a quella piccola sagoma di uomo che profondeva affettuosi sorrisi a chiunque incontrasse, senza indulgere a protagonismi e mondanità, e pur nondimeno rivelandosi attento osservatore e sapiente ascoltatore di qualunque interlocutore.
Una percezione questa, che trovava conferma nelle parole dei più grandi e di quei genitori che ebbero la fortuna di intraprendere con lui cammini di alta spiritualità, e che ebbero a ricavarne benefici spirituali ma anche psicologici di non lieve momento, soprattutto attraverso la pratica degli esercizi spirituali ignaziani nella vita corrente, con i quali il padre Ardiri metteva a beneficio di professionisti studenti e lavoratori il metodo degli esercizi di Sant’Ignazio di Loyola, rendendoli compatibili con i ritmi quotidiani della vita ordinaria.
Quell’uomo di straordinaria spiritualità che incuteva in noi tutti (anche quelli che meno possedevano il sentimento religioso) un qualche timor reverentialis non esaurì la sua tensione psichica nella sua opera di addestramento spirituale, ma operò con la forza che solo un uomo di Dio può avere nella direzione dell’Istituto Gonzaga, compito che molti non esitarono a definire improbo per lui, avvezzo alla lettura e interpretazione di testi sacri, ma certamente inadatto, per i più, a reggere le sorti di un ente complesso come quello, con le sue cartacce, i suoi conti le sue burocrazie, nonché le dinamiche – talvolta non particolarmente serene - della classe docente.
Non è questa la sede per fare un bilancio, neanche approssimativo del rettorato del padre Ardiri, che sostituì il padre Pandolfo nei primi anni del mio Liceo. Certo è che quell’uomo minuto si rivelò un uomo ancora più forte, capace di scelte coraggiose, di epurazioni non facili; cambiò la Presidenza del Liceo Classico; incoraggiò le migliori forze presenti nell’ambito degli studenti; reintrodusse la dimenticata regola della meritocrazia, partecipò e stimolò le fervide attività promosse dall’associazione ex-alunni del Gonzaga.
Per quanto mi riguarda personalmente incoraggiò la mia propensione per gli studi classici e fu valido consigliere di scelte non facili, anche dopo il termine dei miei studi.
Certo del suo affetto e della sua stima non comuni andai a salutarlo alla mia partenza per Milano, dove andavo a risiedere all’Augustinianum, il collegio dell’Università Cattolica fondato da padre Agostino Gemelli, da cui prendeva il  nome. “Vai dagli Agostiniani”, mi disse; stavo per rispondere alla sua battuta replicando che, una volta tanto, aveva sbagliato, ingannato dall’omonimia, ma mi trattenni.
E in un impeto d’affetto lo abbracciai ancora più forte; e quell’abbraccio, intriso di significazioni varie e profonde, mi lega ancora a lui, oltre la morte.

Stefano Giordano

A Palermo - G. GIORDANO - ... interlocutore sensibile dei genitori

… il collaboratore più attento nella guida dei nostri figli

Un ricordo di padre Ardiri? È bello averlo conosciuto e quindi sicuramente lo ricorderò sempre. È sempre dentro di me col suo sguardo che emanava una letizia profonda e una pensosità serena.
Incontrai padre Giuseppe Ardiri nella prima metà degli anni ’80 e, prima che avessi la fortuna di avvicinarmi a lui e di conoscerlo meglio, lo vedevo talvolta lungo i viali dell’Istituto mentre passeggiava chiacchierando con persone dalle età più disparate. Padre Ardiri era infatti l’uomo per tutte le stagioni della vita!
La mia testimonianza comunque sulla persona e meglio ancora sulla personalità di padre Ardiri nasce dalla mia esperienza di madre di alunni del Gonzaga. Dei miei tre figli soltanto il più giovane ha frequentato l’Istituto durante gli anni del suo rettorato, ciononostante padre Ardiri è stato per tutti loro un confidente affettuoso e consolatore e per me un amico saggio e generoso di consigli, grazie a quel suo particolare carisma che contagiava ottimismo e serenità.
Gli piaceva condividere tutto con gli amici: ricordo con nostalgia i pranzi che facevamo insieme alla mia famiglia, nella mia casa, o in casa dei nostri amici di comunità o quelli che lui stesso organizzava a conclusione dei nostri incontri nella sua casa, che era anche la nostra, e cioè al Gonzaga.
Ricordo i viaggi che con grande entusiasmo guidava ricercando mete culturali interessanti e che si svolgevano sempre in un clima lieto e sereno.
Ricordo le conversazioni durante gli incontri che ci riunivano con grande impegno, che tuttavia non ci stancava mai. Ma negli ultimi tempi, dopo i primi accenni del male che cominciava a minare la sua salute, padre Ardiri senza lasciare trapelare la sofferenza era costretto a passeggiare intorno al tavolo delle riunioni per agevolare la circolazione del sangue nelle sue gambe.
Egli mi ha insegnato moltissime cose; accanto a lui ho imparato a vivere meglio, in maniera più essenziale, secondo un Cristianesimo da applicare nella vita corrente, come ci insegnano gli Esercizi Ignaziani che, per un ciclo di due anni, ho seguito sotto la sua guida.
Poi ho continuato a frequentare le riunioni che organizzava la sera insieme a un gruppo con cui già si era instaurata una consuetudine di affetti e di sodalità che si è consolidata negli anni, anche se devo ammettere che soltanto lui ci coinvolgeva con una semplicità che non ammetteva differimenti.
Ma voglio tornare a ricordare padre Ardiri come Rettore dell’Istituto e quindi come il collaboratore più attento nella guida dei nostri figli.
Io ricorrevo spesso a lui per essere aiutata nell’educazione di mio figlio. Inoltre, come presidente dell’Associazione dei Genitori, spesso mi correva l’obbligo di rappresentargli anche i problemi di altri giovani e di altri genitori, problemi che, pur nello loro unicità, ripercorrevano note comuni.
Quello che coglievo sempre, nei suoi pronti e sensibili interventi, era la sua capacità di farci comprendere le istanze interiori dei ragazzi dilaniati talvolta da dinamiche familiari più grandi di loro e che noi genitori talvolta causavamo.
Grazie, padre Ardiri, per avermi insegnato ad amare senza attendere ricompensa,
ancora spesso non ci riesco ma, nei momenti di maggiore sconforto, mi è sempre presente il suo sguardo incoraggiante, la sua voce pacata e affettuosa che mi esorta a non inseguire il sogno assurdo di mutare gli altri, bensì a sforzarmi di comprenderli, di giustificare anche ciò che mi pare inaccettabile, mettendo in discussione le mie certezze, volta a quella serenità che sempre trapelava dalla sua persona, che è stato e rimane il suo più indelebile ricordo.

Giuseppina Giordano

A Palermo - R. TARANTINO - ... animo sensibile

… lo ringrazio per la bellezza del suo animo

Padre Ardiri: un grande gesuita, grazie a lui e a tutti i gesuiti, per la vita che trasmettono, che è quella del Signore. Ho avuto la fortuna di incontrare nel cammino della mia esistenza questo grande gesuita nell’anno 1987/88; è grazie a lui se oggi faccio parte dei dipendenti dell’Istituto del CEI; quando lo conobbi ero alla ricerca di un posto di lavoro, cominciammo a conoscerci e fu proprio lui ad inserirmi nell’organico dei dipendenti, dandomi non solo il tanto sospirato posto di lavoro, ma soprattutto molti consigli utili per realizzare sempre meglio il percorso della mia vita.
Ringrazio il Signore per avermi fatto conoscere questa persona così tanto speciale: ho ancora nel cuore, dopo tanti anni, il suo sorriso sereno e il suo sguardo cheattingeva luce e pace dalla profondità del suo Ministero, sempre pronto a dare parole di conforto e di incoraggiamento a tutti i giovani che lo incontravano e che a lui si rivolgevano. Oggi lo ringrazio per tutta la bellezza d’animo che mi ha saputo trasmettere.
Padre Ardiri, ti chiedo di continuare ad aiutare tutte le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerti, e dall’alto impartisci su di noi la tua santa benedizione!
Resterai sempre nel mio e nel nostro cuore. Il tuo esempio di vita ci fa capire che eri un vero Compagno di Gesù. Grazie!

Roberto Tarantino

A Palermo - S. GAROFALO ... simbolo della Provvidenza

… la Provvidenza ha voluto che io lo incontrassi

Voglio ricordare padre Ardiri con profondo affetto, soprattutto perché mi ha dato l’opportunità di un lavoro stabile.
Ricordo ancora il colloquio avuto con lui prima di essere assunto al Gonzaga, gli manifestavo il grande problema della mancanza di un lavoro, e il mio dolore era ancora più profondo perché avevo moglie e figli da sostenere: stavo attraversando
un periodo veramente difficile, ma la Provvidenza ha voluto che io incontrassi padre Ardiri.
Ricordo sempre la grande partecipazione, quando gli parlavo della mia situazione familiare, la sua sensibilità, il suo amore, la sua immensa disponibilità.
Questo per me era padre Ardiri, un testimone della verità.

Sergio Garofalo

A Palermo - B. ANELI - ... padre amorevole

… padre amorevole nei nostri confronti

Sono già trascorsi parecchi anni, da quando ho conosciuto padre Giuseppe Ardiri, ma quel giorno è rimasto impresso nella mia mente, perché la conoscenza di quest’uomo ha, in qualche maniera, segnato la mia vita, che è cambiata non solo perché mi è stata data l’opportunità di un lavoro insperato, ma anche perché la figura carismatica di padre Ardiri è rimasta indelebile nella mia vita, e - sono certa - vi rimarrà per sempre.
Di quest’uomo voglio parlare coniugando i verbi al presente, perché desidero ricordarlo ancora vivo tra noi, come lo è nei miei pensieri, perché a lui chiedo la forza di continuare il mio cammino, lavorativo e formativo, in seno a questa scuola,
pregandolo di aiutarci a non dimenticare il percorso di fede iniziato con lui.
Tutto quello che lui ha fatto è importante, perché credo che la comunità in cui mi trovo sia una “fucina” di uomini per gli altri, che avrebbero poco da dire, se noi non trasmettessimo loro quei valori religiosi, di fratellanza e di comunione, che una istituzione, quale questo Centro Educativo Ignaziano, deve obbligatoriamente trasmettere.
L’attenzione di padre amorevole nei nostri confronti era sempre viva e rivolta precisamente ad ognuno di noi, non solo in merito ad esigenze o a bisogni materiali; ricordo che ogni mese riuniva tutto il personale non docente, per intrattenerci in incontri di formazione spirituale che hanno lasciato un segno profondo in ognuno di noi.
Questo è il ricordo che ho maturato durante il periodo lavorativo, che mi ha visto vicino a padre Ardiri, e credo, dalla memoria delle sue parole e, soprattutto dalla coerenza delle sue opere, che la sua presenza e la sua vita siano state un bene prezioso per questa scuola.

Beatrice Aneli

giovedì 9 settembre 2010

A Palermo - A. FALLETTA ... semplice come un bambino

… la semplicità di un bimbo consapevole di abbandonarsi totalmente al Padre

Voglio ricordare padre Ardiri citando un pensiero di padre Arrupe: “La missione della Chiesa è di predicare il Vangelo, un Vangelo di amore, un amore che esige la giustizia. Tutti noi, laici, religiosi, sacerdoti, dobbiamo proclamare questo Vangelo di giustizia, non solo con le parole, ma coi fatti, con la testimonianza della vita, vivendo e, se necessario, morendo per esso”.
Padre Ardiri, con la grazia di Dio, ha vissuto, nella sua vita, quanto scritto sopra.
Io lo conobbi in un periodo profondamente delicato della mia esistenza, un periodo in cui avevo bisogno di risposte concrete, per continuare il progetto di vita che Dio mi stava mostrando; stavo attraversando una situazione di profonda sofferenza, avevo decisamente bisogno di qualcuno che mi desse una mano.
Quando il dolore penetra nella parte più profonda, più intima di te stesso, allora lì si vive l’inferno, non si riesce più a vedere, a toccare, a sentire, a percepire e gustare la vita. In mezzo a questa realtà interiore incontrai l’Amore e la comprensione di padre Ardiri, la sua delicatezza, la sua sensibilità, la sua concretezza spirituale, ma soprattutto la capacità nel farsi “uno” con chi soffriva.
Ciò che si ammirava di più, e che dava forza ai suoi pensieri, era la profonda semplicità, la semplicità di un bimbo consapevole di abbandonarsi totalmente a suo Padre. Attraverso questa semplicità, egli donava ai suoi amici luce, forza, conoscenza, ma soprattutto spingeva alla radicalità del Vangelo, testimoniava nella sua concretezza di uomo, attraverso la sua umanità, che il Vangelo andava vissuto seriamente.
P. Ardiri viveva ed esprimeva questa consapevolezza di essere stato chiamato a testimoniare il Vangelo, e questa sua testimonianza è stata per tutti noi una grande Luce: la testimonianza di un cristiano, di un sacerdote, non è nel parlare bene, ma nel vivere con coerenza la forza del Vangelo, pur considerando la propria fragilità.

Antonio Falletta

A Palermo - N. PARISI - ... parlava come ispirato dall’alto

… i suoi interventi erano sempre ispirati dall’alto

Ho conosciuto padre Giuseppe Ardiri durante un ritiro spirituale a Poggio San Francesco. Allora frequentavo la Comunità Cristo Sapienza. Ciò che mi colpì di questo sacerdote fu la novità di una apertura spirituale soprattutto verso il mondo laicale e, in specie, a quello giovanile. In quell’occasione non vi fu un incontro personale, nessuno scambio di parole.
In seguito lo rincontrai ad una conferenza per giovani universitari. Mi ricordo che il suo fu uno degli ultimi interventi, quando ormai la curva dell’attenzione, inesorabilmente precipita verso il basso. Ma con mia grande sorpresa questo sacerdote, con garbo e allo stesso tempo con energia, e con quella sua voce pacata, scosse la giovane assemblea, congedandoci con queste parole: “La verità, disse, si fa strada da sé, piano piano. Andate per la vostra strada, senza farvi distogliere dall’essenziale”.
Dopo qualche giorno ebbi l’opportunità di confessarmi: comprese subito quali pericoli, quali ostacoli potevano intralciare la mia vita spirituale. Lo fece senza turbare la mia armonia, con molta calma e delicatezza.
Appresi che padre Ardiri era un gesuita e che avrebbe assunto la direzione spirituale della mia comunità. I suoi interventi erano sempre ispirati dall’alto. Agiva nel silenzio, senza mai imporsi. Forse, proprio per questo, veniva chiamato a predicare gli esercizi spirituali .
Chi si aspettava conferenze colme di oratoria e dottrine teologiche e spirituali alla moda restava deluso. La spiritualità solida proclamata da lui era rivestita con un
linguaggio semplice, spoglio, che tutti potevano afferrare.
Non gli piaceva la polemica a cui molti si abbandonano. Non amava atteggiarsi a direttore spirituale anche se in tanti ricorrevamo a lui.
Spero di avere contribuito a dare la mia testimonianza su padre Giuseppe Ardiri, sacerdote e maestro di vita.

Natale Parisi

A Palermo - M. R. BURRAFATO ROMANO ...discreta presenza -

… la sua discrezione nel farsi presente accanto a me

Pur avendo avuto la possibilità di una lunga frequentazione non ho potuto esprimere, nel corso di questi anni, il sentimento di gratitudine che provo nei confronti del Signore che mi ha concesso di incontrare lungo il mio cammino accidentato padre Giuseppe Ardiri e nei confronti di quest’ultimo che tanto ha significato per me e per la mia famiglia.
A padre Ardiri devo il nome scelto per mia figlia e ancora a lui devo la continuità del mio matrimonio, il mio impegno professionale e la mia crescita in spirito di servizio.
Ho cominciato ad imparare da lui la preghiera “Abbi pietà di me” e continuo con
lui a ripetere “Fai di me ciò che vuoi, secondo i Tuoi piani”.
Ancora mi accompagnano la sua umiltà, la sua delicatezza, la sua attenzione e disponibilità e la sua discrezione nel farsi presente accanto a me.
Ancora mi accompagna la sua dolcezza sperimentata anche quando, a causa della sua sofferenza, a stento mi riconosceva.
È stato il compagno che mi ha guidato verso la fede e che mi ha aiutato a comprendere ciò che si voleva da me.
Ringrazio Dio per averlo conosciuto, frequentato e per aver condiviso una piccola parte del suo cammino.

Maria Rita Burrafato Romano

A Palermo - A. ASARO - ... rettore paterno

… gesuita per gli altri, ma per me solo “padre”!
Quando Angela Caruso, alcuni mesi fa, mi chiese di scrivere un pensiero per ricordare padre Ardiri, subito pensai che fosse difficile, invece non è stato così.
Padre Giuseppe Ardiri è stato il mio primo rettore, quando iniziai ad insegnare all’Istituto Gonzaga, ma il ricordo di questa figura non è sicuramente legato al suo rettorato. Io “devo” il posto che occupo alla scuola primaria proprio a lui!
Un giorno di inizio estate del 1988, accompagnando mio fratello da lui, ebbi il piacere di conoscerlo, parlargli e dargli la mia disponibilità, se avesse avuto bisogno di un’insegnante. Dopo un affettuoso saluto, tornando a casa, commentai:
“Chissà che fine farà la mia richiesta di lavoro!”. Invece… dopo alcuni giorni mi telefonò chiedendomi di incontrarlo. La mia gioia era alle stelle; giunta davanti a lui dovetti smorzare ogni espressione, perché colpita dalla sua serietà ed imperturbabilità, che mi facevano capire che dovevo calmare la mia euforia. Mi comunicò che con l’inizio dell’anno scolastico mi avrebbero chiamato per una supplenza alla scuola elementare (oggi primaria). E così fu, fino a quando, nell’agosto del 1990 ricevetti una telefonata per incontrarlo nuovamente. Questa volta trovai una persona sorridente (scoprii poi che era difficile vederlo sorridere), affettuosa, paterna, che sottovoce mi annunciò il mio ingresso in Istituto per l’anno scolastico che stava per iniziare (20 settembre 1990). Il mio unico gesto fu quello di abbracciarlo, facendolo partecipe della mia gioia. Da quel giorno è iniziata la mia “avventura ignaziana” con lui. Incontri formativi, esercizi spirituali, momenti di gratificazione, piccoli problemi, celebrazioni eucaristiche, tutto sempre accompagnato da quel suo sguardo sereno, serio, attento e pronto ad intervenire, se ci fosse stata la necessità di farlo.
Adesso sono qua a ricordarlo.
Nella mente divina non si può leggere e qualche volta ci viene difficile capire… però da cristiani dobbiamo accettare il suo disegno. Sicuramente il giorno che ha chiamato a sé padre Ardiri, sapeva ciò che faceva, anche se ci ha tolto una figura
emblematica, di alta spiritualità che sarà difficile dimenticare. Grazie p. Ardiri!

Adriana Asaro

A Palermo - L. SESSA... luce e guida della Verità -

… proprio di chi comunica all’altro la Verità

Chi ha avuto il dono di conoscere padre Ardiri, sa che ci aveva lasciato già da qualche anno; la sua limpida mente, sempre riscaldata dall’Amore e dalla Fede, eragià lontana da questo mondo…
Tuttavia, il suo trapassare mi ha lacerato; è un’esperienza unica sentire la tenerezza e la forza di Dio attraverso lo sguardo e le parole di un uomo, e padre Ardiri è stato, per me, la mano forte e sicura che mi ha guidato in un momento particolarmente doloroso della mia vita; capace, com’era, di illuminarti in modo sempre mite, ma determinato, com’è proprio di chi comunica all’altro la Verità.
Con lui ho capito che si può vivere la Santità, in una quotidianità fatta di accoglienza profonda dell’altro, ma anche di intima speranza, che diventa certezza che Lui è con te… sempre.
Questo resta dentro di me.

Lucia Sessa

A Palermo - E. DE GRAZIA - ... una luce nuova

…una luce nuova nel mio cammino
Nel mio cuore vivrà per sempre la parola di padre Ardiri.
Tra i molti momenti della vita in cui la memoria lo ha conservato al mio fianco, quello difficile e triste che mi ha privato di mio padre lo conservo con maggiore intensità e purezza.
Non solo il sostegno necessario, ma altro: una luce nuova nel mio cammino di donna sola in una città non propria (e spesso tra persone ostili!).
Padre Ardiri mi ha consegnato nelle mani del Primo, Grande Padre. Così, non ho avuto più paura: ogni giorno, parlando con Lui, nel silenzio o nella preghiera, sono riuscita ad andare avanti. E sempre, in ogni circostanza, con il sorriso negli occhi e le mani tese verso gli altri: l’impronta indelebile di padre Ardiri.

Enza De Grazia

A Palermo - D. AVELLA - ... vero maestro di vita

… un Vero Maestro di Vita

Era un buio pomeriggio d’autunno dei primi anni ’80. Il vento scuoteva e piegava i rami degli alberi e le nuvole nere e pesanti minacciavano pioggia; pioggia che venne giù improvvisamente, mentre mi trovavo vicina alla cappella di S. Giuseppe; scesi i gradini che mi separavano da essa ed entrando mi sentii avvolta da un caldo silenzio. Fuori ululava il vento e grosse gocce d’acqua battevano violentemente sui
vetri, ma ormai io mi sentivo al sicuro, come se ogni pericolo, di qualsiasi natura, fosse scomparso. La penombra del luogo sembrava fare da cornice all’altare appena illuminato da poche luci. Io mi sedetti su uno degli ultimi banchi e, guardando con maggiore attenzione, mi accorsi di un signore inginocchiato dinnanzi all’altare.
Passò del tempo e quella figura, alzatasi, venne verso di me.
Notai la piccola croce sul risvolto della sua giacca; era un gesuita che io non avevo mai visto ed al quale chiesi istintivamente se poteva confessarmi. Furono momenti indimenticabili per la serenità che sentivo scendere dentro di me e per il ricordo di quel viso e di quegli occhi da cui trasparivano comprensione e bontà.
Quando, dopo la sua benedizione, mi alzai, mi sembrò doveroso presentarmi: “Io sono…” “So chi sei”- mi rispose - “Sei Dora Avella, ed hai fatto richiesta di insegnare Storia dell’Arte nel nostro Istituto. Io sono padre Ardiri”.
Cominciò così un rapporto profondo, fatto di riflessioni sulla fede, sul modo, non sempre facile, di comprendere ed amare gli altri, sulla superbia come prevaricazione sui più deboli (forse il male maggiore del nostro tempo). Si parlò tanto anche di scuola e del modo di insegnare, cui p. Ardiri dava grande valore, dove equilibrio nei giudizi e giusto riconoscimento dei singoli valori dovevano essere alla base di ogni didattica.
Un giorno, sempre con la sua consueta semplicità, mi chiese se fossi disposta a parlare di Palermo ad un gruppo di persone che desideravano conoscere meglio la città. Risposi subito di sì, anche se ancora non avevo chiare le idee su come affrontare questa nuova avventura. Tutto andò, via via, sempre meglio.
Ci riunivamo la domenica mattina in Istituto e poi, seguendo un poco la storia dello sviluppo della città, ci soffermavamo in quei luoghi che maggiormente ne erano testimoni. Il nostro andare per vicoli, musei, piazze o paesi dell’entroterra palermitano e siciliano (penso a Trapani, Mozia, Solunto, Segesta, Castelbuono, Selinunte…) durò quattro anni, con un interesse sempre costante da parte di tutti i partecipanti e con un piccolo grande uomo sempre con noi.
Questo padre, che ricopriva un ruolo molto importante all’interno della comunità dei gesuiti, lo ricorderò sempre come il più semplice e modesto dei Padri, capace di calarsi nel dolore di un’anima e di gioire con tutto il cuore dell’altrui gioia, riuscendo sempre ad infondere la forza serena della sua fiducia negli uomini.
Purtroppo, è venuto a mancarci. Sofferente da tempo, ha accettato la sua malattia con la serenità che tutti noi ricordiamo; sono certa che il suo amore, valicando confini che a noi non è dato conoscere, continuerà a sostenerci e proteggerci. A mia volta, mi auguro che egli possa sentire il nostro affetto e la riconoscenza che si deve ad un Vero Maestro di Vita.

Dora Avella

A Palermo - M. JANNELLI - ... guida per il magis dello spirito … Sacerdote secondo il cuore di Dio

… sapeva indirizzare l’esercitante a ciò che era
il magis della sua vita
È difficile rinchiudere in poche righe il ricordo di una persona speciale che è stata così importante nella mia vita.
Io ho avuto il privilegio di fare gli E.V.O. personalmente e settimanalmente guidati da padre Ardiri per due anni.
La sua guida spirituale, accogliente e attenta, amorosa ed esigente, mi ha aiutata a mettere Dio al primo posto nella mia vita, facendo della preghiera il momento privilegiato dell’incontro con Lui per … “cogliermi come creatura di Dio e godere di essere questa creatura”, … “discernere ciò che io devo fare, l’unico bene che è nostro bene fare”, … “servire con amore: l’amore fa miracoli, il lavoro è amore
rivelato”.
P. Ardiri era una persona di profonda spiritualità che univa ad una grande concretezza.
Tutti i suoi consigli muovevano da una cuore intimamente unito a Gesù, che sapeva indirizzare l’esercitante a ciò che era il magis della sua vita.
Diceva: “Dobbiamo conseguire la perfezione, nella raggiungibilità che ci è propria, per essere di lode a Dio col nostro essere” ed insegnava a coniugare questa tensione alla santità con la consapevolezza del proprio limite che indicava come un mezzo per meglio collaborare con i fratelli. Nessuna realtà era quindi da escludere, ma tutto da migliorare, da “rendere più buono per amore di Gesù”.
Per concludere queste mie brevi e insufficienti note tre ricordi, tre episodi:
P. Ardiri mi ha fatto iniziare gli EE.SS. con una meditazione sui talenti che Dio mi aveva dato, su ciò che di buono c’era in me: segno di come egli ritenesse ogni creatura dono di Dio e volesse guidare le anime da lui seguite a questa consapevolezza, che sicuramente ha cambiato il mio modo di percepirmi e di guardare alla vita e agli altri.
In un momento per me di grande difficoltà e di incomprensione all’interno di alcuni importanti rapporti interpersonali, p. Ardiri mi disse: “La tua coscienza è una roccia”, regalandomi, insieme alla certezza di non aver sbagliato in quella occasione, la consapevolezza che la coscienza, rettamente guidata e illuminata, è la nostra forza e la nostra pace.
Durante un convegno C.V.X., a fine di una confessione: “Fa’ di essere il compiacimento di Dio”. Io, creatura piccola e inutile, ciò di cui Dio si può compiacere!!!
Non so dire altro. Che il Signore, che lo ha con sé, tramite la sua intercessione, non ci faccia mancare mai luci per lo spirito e guide sante come p. Ardiri è stato.

Mariella Jannelli

lunedì 6 settembre 2010

A Palermo - R. CARMAGNANI - ... promotore della spiritualità ignaziana

… ha tessuto nella vita della scuola la trama sottile e profonda della spiritualità ignaziana
Quando si è vissuto il tratto più lungo della propria vita e resta solo il più breve da percorrere, è cosa preziosa fare memoria di quanti sono stati compagni di strada per un tempo più o meno lungo. Ognuno ha regalato un’esperienza di condivisione, ha aiutato a maturare delle consapevolezze, ha offerto opportunità di cambiamenti umani e spirituali importanti e profondi. Non ho un ricordo preciso della prima volta che ho incontrato Pippo Ardiri, - questo è il nome che custodisco nel cuore -, ma conservo l’immagine di una situazione, che è sicuramente coincisa con i primi tempi della nostra conoscenza. Stavo vivendo un periodo particolarmente fecondo della mia esperienza lavorativa al Gonzaga. Erano tempi nei quali, sostenuta dagli anni ancora giovanili, dall’entusiasmo, dalla consapevolezza di vivere la grazia di coniugare in quel luogo lavoro, la mia vita di fede, l’avventura educativa e la passione per l’uomo, mi ero messa in gioco “per pensare in grande”, come mi aveva insegnato p. Arrupe. Così gustavo profondamente ogni opportunità di crescita nella formazione professionale e nella vita spirituale. In quel contesto tanto privilegiato, un giorno – durante una sessione formativa di inizio d’anno – ho percepito alle mia spalle la presenza di qualcuno che stava partecipando con le medesime risonanze interiori, al lavoro che si stava svolgendo. Mi sono girata ed ho incontrato un sorriso solare sul volto di un uomo dalla figura esile, che lasciava trasparire una contentezza fanciullesca per quello che si stava facendo. Non ricordo se l’ho pensato allora o se lo sto pensando ora, è certo che quel sorriso e quel volto era quello di colui che si fa bambino per entrare nel Regno dei cieli.
Ebbe inizio da quella mattina una fraternità durata nel tempo, attraverso ruoli e compiti diversi ed in luoghi diversi: Palermo prima, Messina poi…Il quid che ha sempre intessuto la trama del rapporto, pur nel variare delle circostanze, è stata la ricerca condivisa di dare soluzione creativa e coraggiosa ai bisogni di chi cresce, di chi educa, di chi affida alla scuola, forse non sempre con piena consapevolezza, ma comunque sempre con una fiducia, che spesso è una muta richiesta di aiuto, i propri figli. Pippo, Compagno di Gesù, calato con tutto se stesso nel suo ministero presbiterale e nel servizio di direttore di Esercizi Spirituali, ha tessuto nella vita della scuola la trama sottile e profonda della spiritualità ignaziana, dandole forma nuova per i tempi nuovi e formando laici, che a loro volta diventassero guide di Esercizi.
Mi era molto piaciuto il nome che quanti si formavano, nella fede e nel servizio, si erano dati, insieme a lui: Compagni di Ignazio. Mi era sembrato un appellativo al tempo stesso umile e vigoroso, segno di una appartenenza fortemente sentita e di
una missione condivisa.
Porto impresso il ricordo degli Esercizi nella vita corrente, pensati a misura degli uomini e delle donne del presente, docenti, genitori, ex-alunni, educatori provenienti anche da altre scuole… Tutto questo era profondamente integrato, era alle fonti stesse, di quella pedagogia ignaziana, di quel modo di procedere ignaziano nella vita della scuola, nei quali le mie convinzioni e il mio agire educativo avevano trovato approdo ed appagamento pieno.
Di Pippo ho conosciuto non solo la forza e la dedizione apostolica, ma anche la tenerezza del tratto, la generosità e la premura discrete; ricordo l’ambulanza che accolse all’aeroporto di Punta Raisi la mia mamma ammalata e che lui aveva provveduto ad organizzare, ricordo la sua presenza accanto a lei nelle sue ultime settimane di vita ed il Viatico che le ha portato nell’ultimo primo venerdì del mese, che è stato anche il suo dies natalis.
Ho sperimentato la sua capacità di cura personalis nei piccoli gesti di attenzione nei confronti di mia figlia Marta prima bambina e poi adolescente, ricordo la sua presenza costante nella vita di mia zia Jole, fino alla fine, fino a quando le condizioni di salute glielo hanno consentito.
Di Pippo ho conosciuto anche le angosce, le trepidazioni per un lavoro di governo impegnativo e frequentemente difficile nella vita della scuola. L’ho visto patire per le proprie fragilità, ma non l’ho mai visto sottrarsi… affinché la sua debolezza potesse essere sempre luogo della potenza del Signore ad majorem Dei gloriam.

Rossana Carmagnani

A Palermo - G. LO VERDE ALIQUÒ - ... guida discreta ed efficace

… maestro di spiritualità, guida discreta ed efficace
"Maestro di spiritualità, guida discreta ed efficace", questa la definizione più adatta che mi è venuta in mente quando mi è stato chiesto di scrivere una memoria sul padre Giuseppe Ardiri.
Ritengo che sia una definizione condivisa da quanti lo abbiamo conosciuto.
La sua è una figura che certamente non si dimentica, nei diversi ruoli che rivestiva durante il periodo in cui mi è capitato di frequentarlo è sempre prevalsa l'impronta spirituale con la quale esercitava il suo compito.
"Essere contemplativi nell'azione", mi sembra di sentirgli sottolineare quando avevo qualche conversazione con lui.
La scarsità di tempo di cui dispongo per gli impegni familiari sempre molto onerosi nella mia vita, non mi consente come desidererei di consultare materiale e appunti preziosi forniti dal padre Ardiri, per essere più puntuale e precisa.
Sento però il dovere di testimoniare che negli anni in cui ho avuto l'occasione di nsegnare nel collegio dei Gesuiti, l'incontro con il padre Giuseppe è stato molto ncisivo e formativo per la mia vita e per il mio cammino.
Durante i primi incontri con lui partecipavo alla meditazione della Parola di Dio con alcuni colleghi.
A questi ha fatto seguito un corso di esercizi spirituali ignaziani, svolto a livello personale ed altri corsi con colleghi e poi con colleghi e genitori di alunni (erano gli anni in cui in parallelo ai corsi di teoria della comunicazione e di analisi transazionale per gli alunni si svolgeva anche con molto profitto e successo la scuola dei genitori).
Quando è diventato Rettore dell'Istituto la sua accoglienza era sempre improntata alla cordialità, al sorriso per docenti e studenti, la porta del suo studio era sempre aperta per ricevere quanti avevano bisogno di consiglio, conforto, sostegno.
I suoi interventi da Rettore hanno sottolineato "l'eccellenza, il magis", concetti che sono stati per me stimolanti e molto importanti negli anni.
Dopo il periodo del rettorato la sua presenza è stata ancora incisiva secondo i profili che ho già indicato. Un ricordo di questo periodo mi riporta alle celebrazioni liturgiche all'aria aperta con gruppi che avevano seguito corsi di studio su argomenti di vario genere durante i quali ci si proponeva di coniugare il binomio cultura-fede, come quelli sollecitati da lui alla collega Dora Lombardo Avella, che si concludevano con la celebrazione dell'Eucaristia fra le rovine di Mozia o al Belvedere di piccoli paesi come Gratteri, nelle Madonie.
Mi ha colpito il periodo della malattia che lo ha colto ancora piuttosto giovane, ma durante la quale lo ricordo sempre presente al suo ruolo di Padre spirituale.
Quando era ormai debilitato dalla sofferenza fisica, ha desiderato continuare a celebrare l'Eucaristia per il gruppo di Rinnovamento nello Spirito che sono stata invitata a guidare nell'Istituto e quando non è stato più in grado di celebrare da solo lo ha fatto a fianco del padre Giuseppe Patti, fino al momento in cui, per l'aggravarsi della sua salute, si è trasferito a Messina.
Da allora non l'ho più visto, ma sono rimasti in me i suoi insegnamenti che cerco di coltivare e trasmettere, anche se, come concludevamo spesso insieme durante le nostre conversazioni, più si cerca di avvicinarsi a Dio, più si scopre la nostra povertà e la nostra incapacità.
E' certo che padre Ardiri è stato un uomo di Dio e che a tanti è riuscito ad incidere nel cuore la necessità di essere nel mondo uomini a servizio di Dio.
Credo nella comunione degli spiriti e sono certa che in lui abbiamo una persona che prega sempre con noi e per noi.
Come laica vedo molto costruttiva la sua presenza sulla terra, quasi un segno, un invito alla speranza in un tempo storico "bello e terribile" in cui si possono scorgere figure ed opere molto positive, fortemente costruttive a fianco ad altre dissacrate e dissacranti.
Per questo sono grata al buon Dio per le esperienze che mi ha consentito come un dono durante il periodo in cui ho insegnato nella scuola della Compagnia di Gesù, dove, d'accordo con mio marito, ho scelto di fare studiare i miei figli e dove
ho avuto l'opportunità di incontrare figure come quelle del padre Giuseppe Ardiri.

Giovanna Lo Verde Aliquò

A Palermo - G. D’ANNA - ... sacerdote del sacramento dell’accoglienza

… sacerdote del sacramento dell’accoglienza
Era facile incontrare il rettore nella sua stanza. Sereno, avviava la conversazione in tono pacato manifestando subito grande capacità d’ascolto e di immedesimazione.
In qualche caso chiedeva tempo per rispondere: si sarebbe consultato con altre persone di provata esperienza prima di decidere.
Appariva estremamente modesto. Lentamente mi sarei reso conto della grande spiritualità (1), dell’amore per la cultura, della sensibilità per i problemi dei giovani, della resistenza alla fatica, della frugalità, del suo spirito di povertà (non guidava la macchina, non chiedeva passaggi, privilegiava i mezzi più economici, ricorreva al treno anche per viaggi lunghi).
Pianificava accuratamente il tempo e gli impegni, nel breve e nel lungo periodo; aiutava gli altri a fare lo stesso.
Convinto assertore della cura personalis, la realizzava con piccole attenzioni; tra le tante, quella di ricordare - e far ricordare - date significative: onomastici, compleanni, anniversari di matrimoni o di ordinazioni.
* * *
Nel 1986 iniziammo a svolgere - insieme ed ambedue per la prima volta - io il ruolo di preside dei due Licei, lui quello di rettore di tutto il complesso Gonzaga.
Nel più totale rispetto per la autonomia e la libertà di coscienza dei docenti, del personale, delle famiglie e, ancor di più, degli studenti, propose obiettivi precisi: la crescita spirituale di tutti, l’apertura alle esigenze del mondo contemporaneo (difficoltà esterne gli impedirono di avviare l’insegnamento dell’arabo nei licei; ma riuscì ad introdurre l’insegnamento dell’informatica e della seconda lingua straniera).
La presenza costante, il rispetto e la valorizzazione delle diverse competenze sollecitavano ad una corrispondente responsabilità nel nostro lavoro: comprendemmo la logica del gioco di squadra, lo applicammo, ne sperimentammo la funzionalità e la bellezza.
Il suo sostegno consentì di riavviare le assemblee degli studenti per ambedue i licei. Un comitato elettivo di studenti provvedeva all’ordine del giorno, garantiva la disciplina in aula, presiedeva l’assemblea.
Si ripresero, gradatamente, i viaggi di istruzione; vennero poste le premesse per i futuri gemellaggi. Divennero frequenti le garbate sollecitazioni perché gli ex alunni si affiancassero in alcune attività parascolastiche.
Il sostegno morale che assicurava - come rettore - con l’appassionato, generoso lavoro di diversi docenti, consentì l’avvio e lo svolgimento di convegni e seminari di studio. Lunghe ed accuratissime programmazioni, portate avanti senza nulla sottrarre ai doveri scolastici, si concludevano con attività aperte anche agli studenti di altri istituti cittadini. Intervenivano personalità particolarmente competenti su questioni che, frequentemente, dopo una ampia consultazione di base, venivano poste dagli studenti stessi.
E chi scrive può testimoniare la fermezza con cui, nei settimanali consigli di direzione venivano sostenute tutte le altre attività tradizionali del Gonzaga: la giornata di istituto, lo show di Natale, la teoria della comunicazione, l’analisi transazionale, gli incontri di formazione politica.
La sensibilità verso le problematiche della scuola cattolica e la disponibilità al confronto si manifestarono con il sostegno all’Associazione genitori, l’attiva partecipazione alla vita della Fidae, l’ospitalità ai docenti dell’UCIIM, gli incontri con le altre scuole cattoliche della città (in particolare i salesiani e le suore dell’Istituto San Vincenzo).
Per la tutela degli interessi dei lavoratori dell’istituto condivise si costituisse una sezione sindacale che faceva capo alla Cisl.
Genitori e soggetti esterni, che a volte prospettavano strategie accomodanti o tattiche spregiudicate per facilitare la gestione dell’istituto, lo trovarono sempre lucido e determinato nel seguire le vie della trasparenza e dell’assoluta legalità.
* * *
Alla fine degli anni sessanta Joseph Ratzinger ha pubblicato un libretto: Il fondamento sacramentale dell’esistenza cristiana. Recentemente, nel 2005, questo libretto è stato ripresentato dalla Queriniana con una postfazione di Andrea Grillo che, in nota, richiama un libro di Ghislain Lafont Eucaristia. Il pasto e la parola (Elledici, 2002; originale francese del 2001). Questi testi si interrogano sull’idea del sacramento nella storia della umanità.
La riflessione indotta da queste letture mi ha fatto interpretare padre Ardiri come il celebrante di uno dei sacramenti originari, sacramenti della creazione, che vengono illustrati da Ratzinger e Lafont: la nascita, la morte, il pasto, la comunione sessuale. Qui intendo riferirmi al pasto.
Lafont, nel primo capitolo del libro, trattando del mangiare e del bere, sottolinea l’importanza dell’invito dell’estraneo per scongiurare l’ostilità. Con parole molto più semplici posso dire: l’importanza della ospitalità.
Per me padre Ardiri è stato il sacerdote della accoglienza, il sacerdote della ospitalità.
Tante, tante le persone che ha accolto ed effettivamente ospitato. E la presenza di questi fratelli e di queste sorelle era ricchezza per tutti noi (2).
* * *
Mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza come ex preside che, per sei anni, ha vissuto fianco a fianco con padre Ardiri.
Ma, alla mia età, comincia ad essere difficile distinguere, all’interno dei propri ricordi, quanto si debba all’una o all’altra delle persone che la Provvidenza ha fatto incontrare.
In questo sforzo della memoria si sovrappongono fisionomie di persone che hanno inciso profondamente sul mio modo di pensare, agire, essere nella mia totalità di persona.
Accennerò a tre che, adesso, contemplano il volto del Signore. I miei genitori e il Cardinale Pappalardo che, conferendomi il sacro ordine del diaconato, mi chiamò a servire stabilmente la Chiesa di Palermo. Nel mio ricordare, si intrecciano tra loro e con padre Ardiri.
Qualcosa li accomuna. L’avermi considerato persona, nella sua totalità, umana e trascendente.
Non scrivo nulla per i genitori; è una esperienza che moltissimi tra noi hanno fatto.
Il Cardinale Pappalardo: durante il rito in cui conferì a me ed al mio confratello Nino Trentacoste l’ordine del diaconato sottolineò, nell’omelia, la necessità di coordinare le diverse vocazioni. Gli affetti familiari, la testimonianza nella vita civile, l’amore per la Chiesa, il servizio per gli ultimi; tutti “doni” dello Spirito.
Il mio rapporto con padre Ardiri ha questa stessa cifra di lettura. Le responsabilità di preside non venivano considerate da lui soltanto sul piano professionale, sarebbe stato riduttivo. E lo confermò in una breve lettera, una paginetta soltanto, che, per me, è uno dei ricordi più belli del lavoro al Gonzaga.
Era la persona Giovanni: padre e sposo, amante dello studio - ma ancor più del confronto con i giovani - che doveva integrarsi nel lavoro dei suoi fratelli e delle sue sorelle. Era Giovanni che doveva comprendere le tracce che i genitori intendevano proporre ai propri figli e coordinarle con quelle proposte dalla comunità civile e dalla Chiesa; era Giovanni che doveva rispettare le specifiche vocazioni di ciascuno degli alunni che gli erano affidati e valorizzare le competenze professionali dei docenti …
* * *
Questa necessità della visione complessiva dell’uomo che sa che “i giochi non si concludono su questa terra”; la sensibilità verso l’ultraterreno e la concreta disponibilità quotidiana, il sapersi persona che incontra altre persone, la celebrazione della liturgia dell’accoglienza - con tutto lo spessore che questi termini assumono nella teologia cristiana - mi provocano ancora oggi a vivere in modo da rispettare la memoria di padre Ardiri ed essere, a mio modo, discepolo e compagno di strada di Gesù Cristo.

Giovanni D’Anna
Diacono

(1) La prima volta che ebbi occasione di partecipare ad un incontro dirigenti (rettori e presidi degli istituti scolastici gestiti dalla Compagnia di Gesù) mi colpì l’attento silenzio con cui i confratelli si disposero ad ascoltarlo, non appena gli venne data la parola per avviare la riflessione spirituale che avrebbe aperto i lavori. Ne apprezzavano l’autorevolezza, il talento spirituale trafficato in profondità, l’esposizione chiara, incisiva.
(2) Daniel Lifschitz è stato uno di questi ospiti straordinari. Pittore originalissimo, grande studioso
della tradizione ebraica, evangelizzatore itinerante del cammino neocatecumenale, i suoi testi hanno prestigiose prefazioni (Ignace de la Potterie, Giuseppe Dossetti, Umberto Neri, …). Tracce, della ospitalità ricevuta dai padri gesuiti dell’Istituto Gonzaga, si trovano in un suo testo pubblicato dalla LDC:
Perché, Signore, te ne stai lontano? e nel pregevole volume sul peccato originale delle Edizioni dehoniane: L’inizio della storia.

A Palermo - M. LOMONACO, T. GIUFFRÈ - ... maestro di amore

… ci ha insegnato ad amarci, per amare
“P. Ardiri, che cosa vuol dire amare una persona?” gli chiesi un giorno. “Sai l’amore non è solo un sentimento ma è soprattutto un atto della volontà”. Così è iniziato il mio personale rapporto col padre. Capire cosa vuol dire amare l’altro al di là delle proprie forze, al di là della comprensione umana, ha fatto sì che quella conversazione divenisse punto di partenza di un cammino spirituale molto ricco.
Qualche giorno dopo padre Ardiri mi ha invitato a partecipare agli esercizi ignaziani nella vita corrente, insieme a persone a me sconosciute. Era un gruppo assai eterogeneo, eravamo uomini e donne, adulti e giovani studenti universitari; tutti scelti dall’intuito spirituale del padre, disponibili ad intraprendere con lui un’esperienza spirituale profonda senza precedenti. Tutte persone rimaste colpite dal “fascino” di un religioso profondamente legato al suo “Signore e Creatore di tutte le cose”, che col suo sguardo penetrava nei cuori di ciascuno e per ciascuno aveva sempre una parola per indicare il modo di incontrare Gesù.
Ci ha insegnato a raggiungerLo da soli, ci ha insegnato a discernere tra il bene ed il male, attraverso la Parola ci ha insegnato a sentire e gustare la presenza di Dio nella nostra storia, ci ha insegnato ad amarci per amare. Amare con quella forza e quel significato che proviene dalla Parola, meditata e contemplata dal rapporto diretto con il Dio - Amore. Una guida quasi invisibile ma penetrante, ci ha dato tanto con il poco. Ci ha “cullato” con la stessa dolcezza con cui Maria cullò il Suo Gesù, con una serenità tanto silenziosa quanto incisiva.
Grazie a questa presenza attenta e amorevole del padre Ardiri abbiamo mosso i primi passi e dopo i primi incontri ci siamo ritrovati ad essere un gruppo legato da grande amicizia, come se ci conoscessimo da lungo tempo. Ciascuno di noi ha aperto il suo cuore all’altro senza paure e senza schermi arricchendo il gruppo con la propria esperienza e arricchendosi di quella degli altri. Il padre Ardiri ne era animatore sempre disponibile, attraverso la sua saggezza ci ha portato ad accostarci sempre più alla Sapienza, ad amare di un amore infinito il nostro Creatore.
Alla fine del corso di esercizi ci siamo sentiti tutti quanti come pecore senza pastore e ciascuno ha confessato all’altro di avere nostalgia degli incontri, di non saper e non volere più fare a meno della comunità. Così incoraggiati dal padre Ardiri, disponibile e sollecito ai nostri bisogni, su suo suggerimento abbiamo ripreso dall’inizio gli esercizi ignaziani.
Il gruppo, di cui solo qualche elemento non poté partecipare alle riunioni per motivi strettamente legati all’attività lavorativa, attratto dal carisma della Compagnia di S. Ignazio fondata dallo stesso padre, si accostò ad essa come una piccola creatura che doveva crescere con gli stessi percorsi e ne volle seguire le orme chiedendole una guida, aprendosi a quanti per motivi diversi volevano sentire e gustare la presenza di Dio nella propria vita.
Nacque così “Santa Maria del Cammino”. Con Angela Caruso iniziammo a riprendere l’analisi di quanto il padre aveva proposto via via dal suo sorgere ai membri della Compagnia come studio, riflessione, meditazione e contemplazione.
Tutto ciò fu un’ulteriore straordinaria esperienza che ci permise di entrare nel cammino della spiritualità ignaziana; sentivamo sempre più col passare del tempo un cambiamento della nostra vita interiore rapita da quell’incisività.
Dopo qualche anno la comunità accoglie la chiamata della CVX della città di Palermo a farne parte in tutto. Il padre Ardiri ha seguito con amore di padre il nascere e il crescere di questa piccola comunità. Egli con semplicità, con chiarezza, con mano sicura, forte e dolce contemporaneamente, l’ha sempre accompagnata. Ha sempre guardato con attenzione di padre la nascita di questi altri figli di S. Ignazio, portandoli nel suo cuore e nella preghiera anche quando la malattia lo allontanò definitivamente dalla città di Palermo. Non ha mai mostrato segni di stanchezza, non ha mai rimandato gli incontri e a chi con delicatezza si scusava di rubargli del tempo, egli con quella serenità degli occhi e con quel sorriso amabile che lo contraddistingueva, rispondeva così: “Stai tranquilla, perché se non lo prendi tu questo tempo, ci sarà qualche altro che me lo chiederà”.
Tutti quanti noi, crediamo di poterlo affermare senza tema di smentita, del padre Ardiri portiamo e porteremo sempre nel nostro cuore lo sguardo limpido, il sorriso dolce, la semplicità e l’umiltà dei grandi uomini e la certezza che il Signore attraverso questo piccolo uomo ha voluto illuminare e guidare le nostre vite.

Michela Lomonaco
Teresa Giuffrè

A Palermo - L. TRANCHINA ... uomo del silenzio e dell’ascolto

… uomo del silenzio e dell’ascolto
Definirei padre Ardiri uomo del silenzio e dell’ascolto più che della parola. Era una persona in grado di ispirare una fiducia piena e priva di ombre; e questo, credo, derivasse da uno sguardo mai giudicante capace, però, di capire in profondità; in sua presenza non ho mai sofferto timore o disagio.
I tratti più di tutti gli altri caratterizzanti la sua persona erano la mitezza e la semplicità, che gli derivavano da indole naturale, ma certamente anche da vigilanza e dominio di sé: non ricordo in lui mai un gesto o una frase risentita o aspra.
Uomo di grande sobrietà e di gusti semplici, sapeva godere delle piccole cose, fosse un piatto di lenticchie o una gita o un viaggio.
Due sue frasi dette in due diverse circostanze le voglio ricordare perché possono esprimere questi tratti della persona.
A me che esprimevo il dubbio circa la mia adeguatezza rispetto all’assunzione di certi compiti che mi venivano chiesti, diceva “saranno gli altri a dirtelo (se sei o no all’altezza)”, e mentre sul momento mi sorprendeva la semplice ovvietà della soluzione, riflettendo vi scoprivo una saggezza umana e spirituale, che in un primo momento non avevo colto, e così in molti casi simili.
Un’altra volta ci accingevamo a partire per una gita e il cielo un po’ imbronciato spingeva qualcuno a esprimere perplessità del tipo “ma la giornata…” e lui di rimando con molta semplicità e spiazzandoci rispondeva “è la giornata che il Signore ci manda”, e si disponeva ad accoglierla e goderne. Solo due esempi che certamente ne richiameranno di simili a quelli che lo hanno conosciuto.
Credo di poter dire in conclusione che padre Ardiri sia stato per tanti una guida saggia (amava definirsi “piccolo padre”), un modello e un testimone.
Livia Tranchina

venerdì 3 settembre 2010

A Palermo - P. COSTAMANTE - ... padre dell’anima mia

… il padre dell’anima mia
Da quando, in un ormai lontano giorno di ottobre dell’anno 1966, ho iniziato a frequentare la prima elementare all’Istituto Gonzaga di Palermo, ho avuto l’occasione di conoscere, stimare e volere bene a diversi padri gesuiti. Come singoli e nel loro insieme sono stati una presenza fondante, determinante nella mia vita, tuttavia il rapporto con padre Giuseppe Ardiri è stato per me qualcosa di speciale, di particolare.
Quando affermo ciò non intendo riferirmi ad un particolare affetto che mi legava a lui, ché, invece, non ho difficoltà a riconoscere che, da questo punto di vista, mi sento egualmente legato ad altri padri gesuiti, mi riferisco, piuttosto, a quello che è stato lui per me nella mia esperienza spirituale: “il padre dell’anima mia”.
Credo che sia la stessa espressione che usava Francesco Saverio, lontano nelle Indie, riferendosi ad Ignazio. Eppure posso confessare, con piena sincerità, che con questa espressione ho iniziato istintivamente a riferirmi a lui, nel mio intimo, proprio negli ultimi anni della sua esistenza e cioè quando lui per me, come Ignazio per Francesco Saverio, era diventato lontano e per certi versi irraggiungibile.
Ho conosciuto padre Ardiri, quando già studente universitario ero uscito dal Collegio Gonzaga e frequentavo, senza grande convinzione, l’associazione degli ex alunni di cui lui era padre assistente. In quegli anni vivevo un periodo di allontanamento dalla fede. Verso il quarto anno di superiore avevo posto fine alla mia esperienza nel M.E.G. (Movimento Eucaristico Giovanile) e tutti gli anni di università furono segnati da una totale lontananza da ogni pratica religiosa. Resisteva solo, incomprensibilmente, ma oggi dico provvidenzialmente, questo labile legame con la mia passata formazione “gesuitica” che era l’associazione degli ex e lì il contatto sporadico e tutto sommato superficiale con p. Ardiri.
A un certo punto, inspiegabilmente, di fronte alla prime serie avversità della vita che mi trovai ad affrontare ebbi un moto dell’anima: mi sentivo fragile, in qualche modo spoglio ed affamato, non, ovviamente, dal punto di vista materiale, ma in quanto privo di senso, di un centro, di un punto di appoggio a partire dal quale affrontare le vicende della vita, e mentre sentivo ciò cresceva in me la consapevolezza che io quel senso, quel centro lo avevo avuto, quando da ragazzo nel M.E.G. avevo fatto, pur con tutti i suoi limiti, una prima esperienza di fede consapevole, e lo avevo perso, dissipato: “Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza ed io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mi padre e gli dirò...” (Lc. 15,17-18).
La casa del Padre, questo per tutti dovrebbe essere la Chiesa, non in astratto ma in luoghi concreti di accoglienza nello Spirito, per me nel concreto della mia esistenza, non poteva essere altro che il Collegio Gonzaga e lì ad accogliermi p. Giuseppe Ardiri. E con lui inizia un cammino, pieno di contraddizioni, difficoltà, interruzioni, cadute da parte mia, ma da lui guidato con dolcezza, saggezza e mite, ma ferma, determinazione. Iniziammo con il ritorno alla preghiera personale (orazione mentale) possibilmente quotidiana e la direzione spirituale, poi, dopo un po’ di tempo, la proposta degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio (EE.SS.) nella vita corrente, poi, dopo un altro po’ di tempo la proposta di provare l’esperienza della “Comunità di Vita Cristiana” (CVX) che poi si è rivelata la mia vocazione di laico adulto nella Chiesa.
Sono entrato nella CVX, nella Compagnia di Sant’Ignazio, fondata da p. Ardiri con persone che con lui avevano fatto l’esperienza degli EE.SS. nella vita corrente.
Mi piace però ricordare che lui non mi indicò questo gruppo, me ne presentò più di uno e mi invitò a scegliere: non esisteva in Giuseppe Ardiri alcun legame, alcun affetto disordinato, verso le sue opere apostoliche, in questo da vero figlio di Ignazio, aveva fatto radicalmente proprio l’ammonimento di Gesù sul sentirsi sempre servi inutili.
Alcuni aspetti mi piace in particolare ricordare di p. Ardiri, come direttore spirituale ma, in generale come religioso, presbitero, e gesuita:
– una capacità di ascolto attento, discreto, ma al tempo stesso capace di penetrare nel profondo dell’ animo di chi gli parlava;
– il consiglio puntuale, mai generico o superficiale: “chi poco precisa, poco aiuta” insegna Sant’Ignazio negli EE.SS.; in Giuseppe Ardiri questo insegnamento l’ho visto mettere in pratica;
– una comprensione profonda e concreta del nuovo ruolo dei laici nella Chiesa, alla luce dell’insegnamento conciliare, e della possibilità per il laico di vivere, in maniera originale, ma in pienezza e profondità, la spiritualità ignaziana e l’esperienza degli EE.SS.;
– la profonda stima delle donne e la piena comprensione e valorizzazione delle loro doti peculiari e del loro apporto creativo e specifico nella vita della Chiesa e, più in particolare della famiglia spirituale ignaziana.
I punti che ho sopra accennato meriterebbero ben altro approfondimento. La figura e l’opera di p. Giuseppe Ardiri hanno tanto da insegnare a chi si riconosce in qualche modo parte della famiglia ignaziana.
In questo mio breve scritto ho forse ecceduto nel lato autobiografico, raccontando più la mia esperienza con p. Ardiri che parlando di lui, e me ne scuso, ma è stato per me l’approccio più naturale, visto quello che il suo incontro ha significato nella mia vita. Credo, tuttavia, che al di là delle commemorazioni, che molti, ed io stesso, sentiamo di cuore di fare, il modo migliore per ricordare Giuseppe Ardiri sia quello di riprendere le sue intuizioni sul ruolo dei laici nella Chiesa e nella famiglia spirituale ignaziana e sugli EE.SS., come grande dono dato alla Chiesa ed al mondo, che va reso pienamente fruibile dagli uomini e donne del nostro tempo di qualunque stato di vita, e sforzarsi di darvi compimento ed attuazione.

Pietro Costamante

A Palermo - F. PUNZO ... portava la serenità -

… arrivava in punta di piedi e portava la serenità
“Tra dieci minuti ci vediamo davanti al cancello”. Queste poche, semplici parole mi disse padre Ardiri alle nove di una sera di maggio di dieci anni fa.
Un mio caro amico, non credente, stava per morire, ebbi la sensazione che volesse chiudere con Gesù la sua vita e senza un attimo di esitazione fu per me naturale chiamare padre Ardiri perché gli desse l’Estrema Unzione.
In quelle parole, in quell’essere pronto senza “se” e “ma”, c’è tutta la grandiosità di padre Ardiri, sempre con amore, semplicità e attenzione, disponibile, capace di trovarsi dove occorreva la sua presenza, senza che neanche vi fosse bisogno di chiamarlo.
Padre Ardiri arrivava e basta. Arrivava in punta di piedi e portava la serenità: con le sue parole vere, semplici e chiare, le situazioni complicate si risolvevano, le discussioni svolte con astio diventavano dialogo.
“Benvenuto a te” era la frase con cui accoglieva chiunque l’andasse a trovare.
Era un’accoglienza piena di attenzione, coinvolgente. L’ospite che veniva così accolto, anche in una riunione affollata, non era un anonimo spettatore, ma un invitato speciale al quale il padrone di casa tiene tantissimo.
Padre Ardiri accoglieva e coinvolgeva. È bello ricordare i momenti trascorsi insieme. Nessuno certamente potrà dimenticare, oltre le tappe fondamentali della propria vita caratterizzati dalla sua presenza, lo stare insieme in armonia, le gite, l’Eucarestia celebrata al tramonto tra le rovine di Selinunte, con i visitatori che si fermavano a pregare attratti dalla forza, dal carisma derivante dalla naturalezza del Sacerdote celebrante.
Il gruppo dei gitanti, degli amici di padre Ardiri, era ed è aperto, accoglie nel pullman chi vuole salire, sa comunicare, si entusiasma e sorride.

Francesco Punzo

giovedì 2 settembre 2010

A Palermo - G. MILAZZO ... saggio amministratore

... un saggio amministratore della multiforme grazia di Dio
Una breve testimonianza sul padre Giuseppe Ardiri deve tenere in conto il fatto che chi scrive lo ha conosciuto in quelli che furono in fin dei conti gli ultimi anni della sua vita. Quindi queste brevi osservazioni schematiche non possono purtroppo riferirsi ad un’intera esistenza di cui pur sempre le scelte e lo stile di padre Ardiri, nell’esercizio del suo ministero sacerdotale, sono come il risultato ultimo e l’esito naturale.
I gesti quotidiani dell’uomo Ardiri ne hanno espresso la profonda comunione con il Signore: l’accoglienza, il sorriso, la pacatezza dell’espressione, il colloquio offerto sempre senza mai negarsi all’interlocutore, pur tra i tanti impegni che la giornata non gli risparmiava, soprattutto nei tempi dei suoi incarichi direttivi nell’Istituto Gonzaga.
Chi scrive può ricordare in particolar modo quegli aspetti della personalità, che sono rivelatori addirittura di un messaggio e di un insegnamento di vita che non abbandona, anche a distanza di tanti anni.
1. La profonda intimità con la Parola di Dio
Il padre Ardiri aveva un singolare modo di comunicare con i suoi interlocutori o con gli esercitanti, sia in sede di riunione, sia durante i colloqui che ordinariamente soleva offrire ai docenti dell’Istituto, che con grande senso dell’equilibrio ha diretto tra gli anni Ottanta e i Novanta: talvolta, quando l’interlocutore gli apriva il proprio animo dando una testimonianza o anche semplicemente parlando di una propria esperienza quotidiana, il padre Ardiri, abbassando lo sguardo, prendeva la Bibbia che teneva accanto a sé, e rispondeva citando un brano evangelico, o uno dal Nuovo Testamento o dall’Antico. Usava accompagnare le sue risposte o i suoi insegnamenti, riferendosi alla Parola di Dio incarnandola nella vita dell’esercitante o dell’amico che lo incontrava; in questo modo la risposta del padre era, secondo l’opportunità dell’argomento, permeata di Parola di Dio. Questo suo particolare modo di interloquire rivelava una diuturna pratica della Parola, una confidenza e un’intimità con il Maestro interiore, tale da consentirgli di trovare sempre segni del Suo divino insegnamento in molte delle esperienze di chi cercava la sua direzione spirituale o anche un semplice consiglio.
2. La predicazione autenticamente eucaristica
Ogni riunione della Compagnia di S. Ignazio, che il padre Ardiri ha voluto seguire con assiduità, nonostante i problemi di salute che negli ultimi tempi lo afflissero, terminava, per sua espressa volontà e per desiderio di tutti i componenti del gruppo, con una celebrazione aucaristica. Questa particolare attenzione del padre Ardiri nei confronti dell’Eucaristia era un insegnamento rivolto a ciascuno di quelli che, come chi scrive, lo osservavano e, ascoltandolo, vi riconoscevano un autentico ministro di Dio. Tale passione per l’Eucaristia nasceva dalla consapevolezza che l’adesione al cristianesimo non deve essere, in particolare per i laici di oggi, un fatto puramente ideologico, e per ciò stesso condannato ad essere un qualcosa di astratto, ma deve sostanziarsi dell’incontro con una persona che è Gesù di Nazaret, il Salvatore di ogni essere umano nella concretezza delle proprie occupazioni quotidiane,  che sono già di per sé – teneva a sottolineare padre Ardiri – missione e apostolato.
Questa incarnazione costante della propria fede non poteva che essere collegata con il desiderio di incontrare Cristo in modo sacramentale a cadenza regolare e con frequenza.
3. La sapienza educativa
L’insegnamento all’Istituto Gonzaga è stato, per chi scrive, l’occasione di incontrare padre Ardiri innanzitutto come Rettore, anche se il ruolo istituzionale non ha in lui mai sopraffatto il testimone della fede e il Ministro dell’amore di Dio. La conoscenza del docente giovane che gli si presentava si è unita, nel padre Ardiri, all’incoraggiamento e alla valorizzazione di ogni motivazione che possa sostenere l’insegnamento inteso non come banale pratica professionale, ma come servizio alla persona studente. Da ricordare la sua sapienza nell’individuare ciò che è opportuno fare in una interazione educativa come quella che si svolge in classe tra docente e discente: - O sarai tu a trascinare gli studenti, o saranno loro a trascinare te – Era questa l’espressione con cui padre Ardiri amava manifestare uno stile educativo che si deve porre obiettivi via via più alti di grado in grado di istruzione, all’insegna del magis ignaziano.
4. La valorizzazione delle ricchezze di ogni persona
Nell’incontro personale si manifestava lo specifico dello stile pastorale di padre Ardiri: non soltanto chi disponeva di particolari doti intellettuali o professionali era oggetto di attenzione da parte sua, ma chiunque si presentasse a lui nella quotidianità, testimoninando nei fatti che ogni persona è oggetto di amore da parte di Dio e quindi va accolta come un dono e che, in virtù dell’infinito amore di Dio, il cristiano è sempre uomo di pace. La grande fiducia nell’umanità conduceva padre Ardiri a cercare le occasioni per conferire alle persone che incontrava degli incarichi sempre proprorzionati alle loro forze, rispondenti alla vocazione fondamentale di ciascuno, tali da fare scoprire che, agli occhi di Dio, ciascuno è veramente importante.
5. La capacità di testimoniare il discernimento
A padre Ardiri molti di coloro che fecero parte della Compagnia di S. Ignazio devono l’insegnamento delle principali caratteristiche del carisma ignaziano, che il padre rendeva esplicito al punto da produrre una certa paradossale identificazione tra la sua persona e quella di Ignazio stesso. Il discernimento è stato uno degli elementi principali di tale testimonianza, presentato non come attività intellettuale, ma come esperienza che deve essere vissuta nella preghiera, ponendosi alla presenza di Dio, sperimentando come il discernimento conduca alla carità incarnata nelle esigenze del prossimo e orientata alla salvezza delle anime di chi nella vita quotidiana incontriamo. La carità “discreta” è quanto è possibile trarre da questo insegnamento che è difficilissimo, se non impossibile, sintetizzare tanto si identifica con la profondità della conoscenza degli Esercizi Spirituali che padre Ardiri possedeva e comunicava. Egli ha proceduto, per il bene di chi si affidava a lui, ad un prezioso lavoro di mediazione culturale che consisteva nel rendere significativa e operante l’esperienza ignaziana per la vita quotidiana del laico di oggi, costantemente posto di fronte alle più varie situazioni che talvolta richiedono un discernimento rapido per cogliere ciò che a Dio è gradito e perfetto.
6. L’indifferenza ignaziana
Che non sia la vita breve o quella lunga a dovere essere preferita, ma quella ignazianamente spesa per collaborare al disegno di salvezza di Dio per ciascuno di noi, è quanto può rappresentare uno degli aspetti della testimonianza di padre Ardiri, finalizzata a manifestare agli esercitanti o a chi faceva parte della Compagnia di S. Ignazio che bisogna tenere sempre gli occhi fissi verso l’autentico e unico fine dell’esistenza che è Cristo e il suo Regno. Pur nella misura generale del suo comportamento, solo in questo padre Ardiri si è mostrato radicale, nello spendersi totalmente per le persone, la cura delle cui anime gli era stata affidata, senza badare assolutamente alla propria stanchezza, alle proprie fragilità fisiche, e infine alla propria stessa infermità, sulla quale non poche volte amava anche ironizzare, quasi senza accorgersi dei primi crescenti segni del male che lo condussero infine all’inattività.
Anche in quegli ultimi tempi, a chi lo incontrava all’Ignatianum di Messina, presso il quale risiedeva, dimostrava silenziosamente che non è neppure l’efficienza fisica o mentale che fa l’apostolo e il testimone della fede, ma il desiderio di incontrare Cristo nei fratelli e il pensiero continuamente rivolto alle cose di lassù, anche nell’appannamento delle facoltà mentali, essendo quasi istintivamente attratto dalle immagini che ritraggono Cristo, e dalle fotografie raffiguranti i laici che hanno riempito, come figli nella fede, la sua vita di ministro di Dio.
Le particolari caratteristiche della personalità e della spiritualità di padre Ardiri non sono soltanto quelle di queste brevi note riguardanti ciò che può essere immediatamente ricordato da chi lo ha conosciuto. Nel riconoscere quindi in padre Ardiri una certa somiglianza a Cristo e ad Ignazio, non è da escludere che egli - in virtù della sua particolare prossimità a Dio e agli uomini già durante la sua vita - continui a pregare per quei laici che sotto il suo sguardo hanno vissuto, operato, lavorato e costruito la propria vita.

Giovanni Milazzo