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Temi: La Spiritualità Ignaziana







lunedì 6 settembre 2010

A Palermo - G. D’ANNA - ... sacerdote del sacramento dell’accoglienza

… sacerdote del sacramento dell’accoglienza
Era facile incontrare il rettore nella sua stanza. Sereno, avviava la conversazione in tono pacato manifestando subito grande capacità d’ascolto e di immedesimazione.
In qualche caso chiedeva tempo per rispondere: si sarebbe consultato con altre persone di provata esperienza prima di decidere.
Appariva estremamente modesto. Lentamente mi sarei reso conto della grande spiritualità (1), dell’amore per la cultura, della sensibilità per i problemi dei giovani, della resistenza alla fatica, della frugalità, del suo spirito di povertà (non guidava la macchina, non chiedeva passaggi, privilegiava i mezzi più economici, ricorreva al treno anche per viaggi lunghi).
Pianificava accuratamente il tempo e gli impegni, nel breve e nel lungo periodo; aiutava gli altri a fare lo stesso.
Convinto assertore della cura personalis, la realizzava con piccole attenzioni; tra le tante, quella di ricordare - e far ricordare - date significative: onomastici, compleanni, anniversari di matrimoni o di ordinazioni.
* * *
Nel 1986 iniziammo a svolgere - insieme ed ambedue per la prima volta - io il ruolo di preside dei due Licei, lui quello di rettore di tutto il complesso Gonzaga.
Nel più totale rispetto per la autonomia e la libertà di coscienza dei docenti, del personale, delle famiglie e, ancor di più, degli studenti, propose obiettivi precisi: la crescita spirituale di tutti, l’apertura alle esigenze del mondo contemporaneo (difficoltà esterne gli impedirono di avviare l’insegnamento dell’arabo nei licei; ma riuscì ad introdurre l’insegnamento dell’informatica e della seconda lingua straniera).
La presenza costante, il rispetto e la valorizzazione delle diverse competenze sollecitavano ad una corrispondente responsabilità nel nostro lavoro: comprendemmo la logica del gioco di squadra, lo applicammo, ne sperimentammo la funzionalità e la bellezza.
Il suo sostegno consentì di riavviare le assemblee degli studenti per ambedue i licei. Un comitato elettivo di studenti provvedeva all’ordine del giorno, garantiva la disciplina in aula, presiedeva l’assemblea.
Si ripresero, gradatamente, i viaggi di istruzione; vennero poste le premesse per i futuri gemellaggi. Divennero frequenti le garbate sollecitazioni perché gli ex alunni si affiancassero in alcune attività parascolastiche.
Il sostegno morale che assicurava - come rettore - con l’appassionato, generoso lavoro di diversi docenti, consentì l’avvio e lo svolgimento di convegni e seminari di studio. Lunghe ed accuratissime programmazioni, portate avanti senza nulla sottrarre ai doveri scolastici, si concludevano con attività aperte anche agli studenti di altri istituti cittadini. Intervenivano personalità particolarmente competenti su questioni che, frequentemente, dopo una ampia consultazione di base, venivano poste dagli studenti stessi.
E chi scrive può testimoniare la fermezza con cui, nei settimanali consigli di direzione venivano sostenute tutte le altre attività tradizionali del Gonzaga: la giornata di istituto, lo show di Natale, la teoria della comunicazione, l’analisi transazionale, gli incontri di formazione politica.
La sensibilità verso le problematiche della scuola cattolica e la disponibilità al confronto si manifestarono con il sostegno all’Associazione genitori, l’attiva partecipazione alla vita della Fidae, l’ospitalità ai docenti dell’UCIIM, gli incontri con le altre scuole cattoliche della città (in particolare i salesiani e le suore dell’Istituto San Vincenzo).
Per la tutela degli interessi dei lavoratori dell’istituto condivise si costituisse una sezione sindacale che faceva capo alla Cisl.
Genitori e soggetti esterni, che a volte prospettavano strategie accomodanti o tattiche spregiudicate per facilitare la gestione dell’istituto, lo trovarono sempre lucido e determinato nel seguire le vie della trasparenza e dell’assoluta legalità.
* * *
Alla fine degli anni sessanta Joseph Ratzinger ha pubblicato un libretto: Il fondamento sacramentale dell’esistenza cristiana. Recentemente, nel 2005, questo libretto è stato ripresentato dalla Queriniana con una postfazione di Andrea Grillo che, in nota, richiama un libro di Ghislain Lafont Eucaristia. Il pasto e la parola (Elledici, 2002; originale francese del 2001). Questi testi si interrogano sull’idea del sacramento nella storia della umanità.
La riflessione indotta da queste letture mi ha fatto interpretare padre Ardiri come il celebrante di uno dei sacramenti originari, sacramenti della creazione, che vengono illustrati da Ratzinger e Lafont: la nascita, la morte, il pasto, la comunione sessuale. Qui intendo riferirmi al pasto.
Lafont, nel primo capitolo del libro, trattando del mangiare e del bere, sottolinea l’importanza dell’invito dell’estraneo per scongiurare l’ostilità. Con parole molto più semplici posso dire: l’importanza della ospitalità.
Per me padre Ardiri è stato il sacerdote della accoglienza, il sacerdote della ospitalità.
Tante, tante le persone che ha accolto ed effettivamente ospitato. E la presenza di questi fratelli e di queste sorelle era ricchezza per tutti noi (2).
* * *
Mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza come ex preside che, per sei anni, ha vissuto fianco a fianco con padre Ardiri.
Ma, alla mia età, comincia ad essere difficile distinguere, all’interno dei propri ricordi, quanto si debba all’una o all’altra delle persone che la Provvidenza ha fatto incontrare.
In questo sforzo della memoria si sovrappongono fisionomie di persone che hanno inciso profondamente sul mio modo di pensare, agire, essere nella mia totalità di persona.
Accennerò a tre che, adesso, contemplano il volto del Signore. I miei genitori e il Cardinale Pappalardo che, conferendomi il sacro ordine del diaconato, mi chiamò a servire stabilmente la Chiesa di Palermo. Nel mio ricordare, si intrecciano tra loro e con padre Ardiri.
Qualcosa li accomuna. L’avermi considerato persona, nella sua totalità, umana e trascendente.
Non scrivo nulla per i genitori; è una esperienza che moltissimi tra noi hanno fatto.
Il Cardinale Pappalardo: durante il rito in cui conferì a me ed al mio confratello Nino Trentacoste l’ordine del diaconato sottolineò, nell’omelia, la necessità di coordinare le diverse vocazioni. Gli affetti familiari, la testimonianza nella vita civile, l’amore per la Chiesa, il servizio per gli ultimi; tutti “doni” dello Spirito.
Il mio rapporto con padre Ardiri ha questa stessa cifra di lettura. Le responsabilità di preside non venivano considerate da lui soltanto sul piano professionale, sarebbe stato riduttivo. E lo confermò in una breve lettera, una paginetta soltanto, che, per me, è uno dei ricordi più belli del lavoro al Gonzaga.
Era la persona Giovanni: padre e sposo, amante dello studio - ma ancor più del confronto con i giovani - che doveva integrarsi nel lavoro dei suoi fratelli e delle sue sorelle. Era Giovanni che doveva comprendere le tracce che i genitori intendevano proporre ai propri figli e coordinarle con quelle proposte dalla comunità civile e dalla Chiesa; era Giovanni che doveva rispettare le specifiche vocazioni di ciascuno degli alunni che gli erano affidati e valorizzare le competenze professionali dei docenti …
* * *
Questa necessità della visione complessiva dell’uomo che sa che “i giochi non si concludono su questa terra”; la sensibilità verso l’ultraterreno e la concreta disponibilità quotidiana, il sapersi persona che incontra altre persone, la celebrazione della liturgia dell’accoglienza - con tutto lo spessore che questi termini assumono nella teologia cristiana - mi provocano ancora oggi a vivere in modo da rispettare la memoria di padre Ardiri ed essere, a mio modo, discepolo e compagno di strada di Gesù Cristo.

Giovanni D’Anna
Diacono

(1) La prima volta che ebbi occasione di partecipare ad un incontro dirigenti (rettori e presidi degli istituti scolastici gestiti dalla Compagnia di Gesù) mi colpì l’attento silenzio con cui i confratelli si disposero ad ascoltarlo, non appena gli venne data la parola per avviare la riflessione spirituale che avrebbe aperto i lavori. Ne apprezzavano l’autorevolezza, il talento spirituale trafficato in profondità, l’esposizione chiara, incisiva.
(2) Daniel Lifschitz è stato uno di questi ospiti straordinari. Pittore originalissimo, grande studioso
della tradizione ebraica, evangelizzatore itinerante del cammino neocatecumenale, i suoi testi hanno prestigiose prefazioni (Ignace de la Potterie, Giuseppe Dossetti, Umberto Neri, …). Tracce, della ospitalità ricevuta dai padri gesuiti dell’Istituto Gonzaga, si trovano in un suo testo pubblicato dalla LDC:
Perché, Signore, te ne stai lontano? e nel pregevole volume sul peccato originale delle Edizioni dehoniane: L’inizio della storia.

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