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Temi: La Spiritualità Ignaziana







domenica 1 agosto 2010

V. SIBILIO S.J. - ... un chicco di grano che marcisce

“Se il chicco di grano caduto in terra non marcisce, non porta frutto” (1)

Angela Caruso, andandolo a trovare a Messina, poco prima della sua morte, quando già sembrava che non riconoscesse più nessuno, chiuso e raccolto in un silenzio sofferto, ad un certo punto gli ha mostrato una foto in cui ero ritratto durante un convegno di Spiritualità Ignaziana e gli ha chiesto se riconoscesse quel gesuita; aprendo gli occhi e sorridendo dice, con un filo di voce, ma nitida e chiara: “Sibilio!”.
Quando Angela mi ha raccontato l’episodio, ho sentito un brivido e una profonda emozione, ma anche che ricadeva su di me una grande responsabilità: quasi una consegna che mi faceva prima di lasciarci fisicamente.
Sin dal tempo della mia formazione avevo sentito parlare di un gesuita siciliano ancora molto giovane ma già stimato come uomo di discernimento e di consiglio,caratterizzato da semplicità disarmante e da mitezza evangelica. Ho avuto la grazia di conoscerlo e frequentarlo quando, insieme, siamo stati chiamati ad essere consultori dell’allora Padre Regionale nel lontano 1984.
Immediatamente è nata tra noi una grande sintonia e un affetto che dura tuttora nonostante non ci sia più. Non sempre i nostri modi di vedere e affrontare i problemi coincidevano, ma sempre ho avuto la sensazione che da parte sua vi fosse un profondo rispetto e accoglienza che poi ho scoperto frutto del suo sforzo di mettere in pratica costantemente il cosiddetto “praesupponendum ignaziano”: il ritenere sempre e comunque che l’altro agisca e si esprima in retta coscienza e che ricerchi il bene e il meglio.
Ripensando a lui, vorrei ricordarlo come amico e confratello, come uomo di governo, come padre spirituale.
Come amico e confratello: ho ancora nel cuore tutte le volte in cui, spesso nei viaggi che facevamo insieme, con spontaneità mi parlava di sé, dei suoi progetti e sogni, delle sue difficoltà senza mai far pesare il suo essere più grande di me e molto più avanti nella via di Dio; con grande umiltà mi chiedeva consigli e si confrontava anche su sue esperienze spirituali e apostoliche. Un suo dono raro e particolare: non l’ho mai sentito parlare male di altri soprattutto di nostri confratelli, portato sempre a giustificare anche quando oggettivamente venivano rilevati degli errori.
La sua grande passione per S.Ignazio e per la Compagnia di Gesù si esprimeva con dolcezza e, a volte, commozione profonda. Una sola volta, sempre con il suo candore, mi confidò di sofferenze vissute per incomprensioni e di come era stata ignorata, volutamente o meno, una sua grande fatica di ricerca e di studio sulle fonti della nostra vita religiosa. Percepivo che ancora, a distanza di anni, sentiva l’umiliazione vissuta ma senza mai permettere che la sua vita religiosa e apostolica venisse minata.
Spesso anche mi parlava della sua famiglia e particolarmente della mamma con affetto tenero e virile.
Più ancora è cresciuta l’amicizia e la stima tra noi perché ho avuto la gioia di conoscere sua mamma e i suoi fratelli e di essere stato compagno di cammino di fede verso il matrimonio, di un suo nipote a lui carissimo.
Come uomo di governo, è stato socio del p. Provinciale della Provincia Sicula, più volte Consultore, più volte Superiore di Comunità e Rettore dei nostri Collegi di Messina e di Palermo. Signorilità, discrezione, amorevolezza hanno caratterizzato tutti questi servizi che la Compagnia gli ha chiesto. Mai sottraendosi all’obbedienza e alla fatica, ha vissuto con soavità senza mai far pesare su altri la mole di lavoro. Soprattutto come Rettore dei Collegi ancora oggi molti lo ricordano per il suo tratto benevolo e per il rapporto che sapeva stabilire con gli studenti: esigente e autorevole, sottolineando il suo essere presbitero e gesuita e trasmettendo a tutti il carisma duro e affascinante di S. Ignazio.
Ottimo organizzatore, sapeva coniugare profonda spiritualità e grande capacità dirigenziale. Alcuni anni fa, i suoi ragazzi del Gonzaga di Palermo, ormai adulti e professionisti, gli hanno voluto dare il premio annuale degli ex Alunni; impossibilitato ad essere presente perché già molto malato, ha ritirato il premio sua sorella Angela profondamente e visibilmente commossa. C’era, quella sera, una grande emozione ma, in tanti, anche la gioia di averlo conosciuto e avuto come formatore e il ringraziamento al Signore per avere messo sulla loro strada un uomo simile.
Il tratto che più lo ha caratterizzato e che rimane indelebile in tanti uomini e donne, presbiteri e religiose, è stato il suo essere un vero “Padre Spirituale”. Mi sono sempre chiesto come potesse, con tanto lavoro che aveva e con tanti incarichi impegnativi, continuare a ricevere, ascoltare, consigliare e formare centinaia e centinaia di persone. Era, questa, una esigenza interiore che nasceva da un rapporto personale e amoroso con Gesù e che lo portava a sentire l’esigenza di comunicare ad altri la stessa passione perché altri potessero incamminarsi con gioia alla sequela del Cristo.
A tanti ha proposto il cammino degli Esercizi Spirituali Ignaziani in tutte le forme possibili e particolarmente quelli nella “vita ordinaria” in cui era divenuto uno dei massimi esperti a livello italiano. Tanti, e posso testimoniarlo, grazie a lui hanno cambiato radicalmente vita arrivando a scelte coraggiose e non sempre indolori ma liberanti.
Proprio utilizzando come strumento e metodo il cammino degli Esercizi, inizia, già alla fine degli anni Settanta e ai primi degli anni Ottanta, un itinerario di studio e di preghiera con alcuni laici sulle radici della spiritualità ignaziana che sfocerà poi nella fondazione di un gruppo di uomini e donne che si chiamerà Compagnia di S.Ignazio e che inciderà notevolmente nel panorama spirituale italiano e nella conoscenza delle fonti e della persona di Ignazio per i contributi che vengono offerti, soprattutto con i Convegni annuali di Spiritualità Ignaziana.
Cosa lo distingueva nella guida spirituale da spingere tante persone di qualunque estrazione sociale a rivolgersi a lui? Io credo che avesse un carisma particolare di discernimento unito a grande umiltà e semplicità che lo portava a far percepire all’altro accoglienza e mai condanna.
Nonostante persona di grandi doti, non ha mai cercato di mettersi in mostra e non era posseduto da mania di protagonismo; anzi, spesso, ha preferito rimanere nell’ombra e fare da “secondo”.
Di grande povertà di vita e sinceramente obbediente, ha sempre dimostrato una fortissima capacità di amare senza mai neppure tentare di impossessarsi degli altri.
Un’ultima sottolineatura mi sembra necessaria: la sua vicinanza ad ogni forma di povertà che a volte lo ha anche portato a farsi raggirare da chi povero non era e, sfruttando la sua bontà, lo ha ingannato. E mai una parola di giudizio o un’espressione dura.
Vorrei concludere ricordando che gli ultimi anni trascorsi nel silenzio della malattia, forse, sono stati gli anni più intensi e fruttuosi, perché con l’accettazione del suo stato ha sorretto la fatica e il travaglio della Compagnia di Gesù di questi ultimi tempi e il cammino di crescita di tanti suoi “figli e figlie”

“Se il chicco di grano caduto in terra non marcisce, non porta frutto”.

Padre Vincenzo Sibilio S.J.

(1) Rielaborazione dell’omelia pronunciata durante la commemorazione funebre, otto giorni dopo la morte.

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