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Temi: La Spiritualità Ignaziana







martedì 17 agosto 2010

A Messina - inizio di una vocazione e di una missione, al Collegio Sant’Ignazio - Giuseppe Raffa: In memoria di un amico gesuita...

Mi si chiede un pensiero su padre Ardiri. Ricordare Pippo Ardiri e i tanti anni pieni della sua presenza in mezzo a noi non è facile, nonostante i doni ed i ricordi che ci ha lasciato.
Non è facile, per il vuoto che avvertiamo, insieme al rammarico per quanto poteva ancora darci. Balzano, infatti, subito alla mente questi ultimi tempi di muta presenza,
di lenta ascesa al calvario; e quel grazie, in occasione delle visite sempre più diradate, accennato solo con gli occhi. Il ricordo è aggravato ancora dal rimpianto personale, che solo adesso sento colpevole, per le mie assenze durante questo suo ultimo difficile passaggio terreno.
Di Pippo Ardiri recupero, attraverso il velo della commozione, l’incontro da adolescenti nel primo dopoguerra al Sant’Ignazio di Messina, l’immediata stima, presto trasformatasi in familiarità, poi, gli anni degl’incontri occasionali e fugaci, al tempo della sua lunga assenza dalla città e infine i costanti e impegnativi rapporti degli ultimi decenni. Ma a pensarci bene, lungo le nostre esperienze parallele, ho incontrato un solo Pippo Ardiri, racchiuso nell’inconfondibile ed immutabile sorriso accennato da indifeso, immagine di uomo semplice ed espressione eloquente, anche per chi lo incontrava per la prima volta, di un’interiorità fatta di dolcezza, umiltà e naturale disposizione verso gli altri.
Lo stesso ragazzo che ritrovo nei ricordi, solo, in un angolo nel cortile delCollegio - frequentavamo classi diverse - a guardare il rincorrersi degli altri, con la timidezza dell’adolescente spaesato. Lo notavo in quanto ci assomigliavamo: ambedue ragazzi di periferia capitati lì, io chi sa per cosa, e lui per un più importante disegno della Provvidenza. Forse era l’austerità del luogo, la coscienza già in noi di quanta tradizione abitasse quelle mura - e non certo l’autorità dei padri o l’ambiente selezionato - che ci metteva soggezione, senza però farci sentire emarginati o esclusi.
Poi dopo molti anni, da papà, negli stessi luoghi lo ritrovo rettore. Lo ritrovo in questa nuova veste, sempre misurato negl’interventi, con la serenità di chi assume un ruolo per ubbidienza e spirito di servizio, gestendolo con impegno e tensione. Ed è per queste doti, credo, che più volte è stato scelto a ricoprire il rettorato o altri incarichi di responsabilità, specie in occasioni critiche come nel caso del trasferimento e della distruzione dell’istituto. Evento sofferto dai Padri e da tutti noi vicini alla Compagnia come travaglio personale; e da lui accettato e superato con l’equilibrio naturale dell’uomo fiducioso negl’imperscrutabili “disegni superiori”.
Ancora lo ricordo negli anni più intensi del reciproco, anche se occasionale, sostenerci a vicenda tra bisogni di spiritualità e concretezza, nello scambio di esperienze diverse: al tempo del suo rettorato all’Ignatianum e della mia gestione degli ex alunni, e ancor più durante la forte esperienza degli esercizi spirituali.
Questo capitolo degli esercizi merita qualche riga in più. Pippo era, come i migliori preposti a questo ufficio “persona dotata di equilibrio psicologico, conoscenza attenta dell’animo umano e squisita sensibilità”, prerogative che gli permettevano la risposta giusta ad ogni dubbio. Mentre la profonda preparazione spirituale gli consentiva di farsi capire con semplicità. Dono che penso possedesse da sempre.
Per questo era convincente oltre che colto, in quella esposizione minuta, convinta, attenta: “puntuale omaggio alla necessità di ricercare, per l’uomo e l’uomo di fede, attraverso il discernimento, la volontà di Dio durante il percorso terreno”.
Percorrendo con lui questa esperienza ho avuto, da uomo pratico e razionale, la conferma di quanto fosse necessario “fissare un riferimento utile per porre ordine nella propria vita, rivedere la rappresentazione di Dio secondo il Vangelo di Gesù e rinsaldare la certezza di essere oggetto di un disegno personale e di uno sguardo benedicente da parte di Dio stesso”. Così dopo questo percorso guidato e l’intimità di cui solo oggi provo coscienza, mi è facile riconoscergli di essere entrato in punta di piedi nella mia vita, mentre io entravo a gamba tesa dentro la sensibilità del consacrato con i miei “carichi pendenti”.
In questi sessant’anni di frequentazione continua con la Compagnia, ho conosciuto parecchi Gesuiti: alcuni santi già in mezzo a noi, altri eroi in terra di missione, molti colti in cattedra oppure forti nella fede… Li ritrovo un po’ tutti in Pippo: santo per la sua mitezza, colto per i suoi esercizi, saldo ed eroico nella fede in questi ultimi anni segnati dalla sofferenza e offerti in dono, durante la purificazione nella malattia.
Pippo, in estrema sintesi, è stato tra quei pochi che la Provvidenza destina a nascere maturi - già vecchi sin dall’infanzia - e a donare agli altri questa rarità attraverso il consiglio, il sostegno nei passaggi difficili e la semplice testimonianza dei propri atti. Alla fine della loro missione, penso che questi privilegiati ci lascino come ci ha lasciati Pippo: con il cuore del bambino saggio, in disparte nel cortile.
Ciao Pippo, spero e auguro a me stesso di rivederti.
                                                     
Giuseppe Raffa

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